THE DINNER

THE DINNER
Se dalle colpe dei padri i figli possono anche sfuggire sognando un futuro migliore, dalle colpe dei figli non c'è via di scampo. La famiglia soccombe, stritolata...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Se dalle colpe dei padri i figli possono anche sfuggire sognando un futuro migliore, dalle colpe dei figli non c'è via di scampo. La famiglia soccombe, stritolata nell'impossibile tentativo di contenere il male. Lo ribadisce il terzo adattamento cinematografico del bestseller dell'olandese Herman Koch (Menno Meyjes e Ivano De Matteo), stavolta nelle mani dell'israeliano-newyorkese Oren Moverman che al grande tema del romanzo, e cioè le responsabiltà civili, sociali, umanitarie e politiche che un essere umano deve assumersi in età adulta, aggiunge un personalissimo sguardo politico.

The Dinner serve così i conflitti degli adulti e dei ragazzi nel rimbalzo sociale tra due fratelli con troppa ruggine alle spalle: il primo (Steve Coogan), insegnante di storia con seri problemi psichici e una tendenza alla violenza, riversa tutta la sua rabbia verso il fratello maggiore (Richard Gere), politico di successo alle prese con una campagna elettorale per il titolo di governatore. Anche le due mogli confliggono dietro un'apparente gentilezza reciproca: l'una amorevole e premurosa (Laura Linney), l'altra esempio di donna-trofeo, forse opportunista e senza tanta voce in capitolo (Rebecca Ferguson).

Moverman affronta il romanzo in chiave personale, ambientando il suo dramma da camera tra flashback rivelatori delle personalità dei protagonisti, e scomodi primi piani a cena, in ironici capitoli-portata di volta in volta introdotti da un'ossequiso chef con ditino proteso verso i piatti. Dietro cibo e parole, tuttavia, si scatena un inconciliabile duello tra visioni del mondo, una battaglia di Gettysburg formato famiglia su cui Moverman insiste a lungo per ribadire l'inevitabile violenza insita nella nascita di una nazione. Ed è proprio al memoriale dell'evento bellico che i due fratelli si confrontano sul loro destino: se per il più incattivito la violenza è parte integrante del vivere quotidiano e riflesso del mondo circostante, per il politico, curiosamente, la responsabilità prioritaria è di stampo etico, e risponde esclusivamente alla propria coscienza. Davanti all'incosciente amoralità dei figli che danno fuoco a una barbona, tuttavia, non può esserci redenzione. Ma Moverman non è Polansky e invece di scarnificare i suoi protagonisti e, quindi, lo spettatore, allenta ritmo e tensioni in schermaglie verbali, lunghe lezioni di storia e troppe parole che annacquano la tragedia di due famiglie a pezzi.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino