Terroristi islamici "indaga" il Marocco

Terroristi islamici "indaga" il Marocco
Diciassette anni di lavoro per costruire un Centro per i musulmani a Pordenone, il terzo in Italia per dimensioni, e guadagnarsi quella credibilità ora messa a repentaglio...

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Diciassette anni di lavoro per costruire un Centro per i musulmani a Pordenone, il terzo in Italia per dimensioni, e guadagnarsi quella credibilità ora messa a repentaglio dall'ipotesi di infiltrazioni dell'Islam radicale. Dopo le indagini sulla presenza di reclutatori e miliziani dell'Isis nel Nordest, un'ombra ricade sugli islamici di Pordenone. La Direzione distrettuale di Venezia ha sospetti su cinque integralisti che vivono nelle province di Belluno, Treviso e Pordenone. Avrebbero avuto contatti con Ismar Mesinovic, il bosniaco di Ponte delle Alpi morto nella battaglia di Aleppo lo scorso inverno e presente nel giugno del 2013 nel centro islamico in Comina per ascoltare il predicatore della Jihad, Bilal Bosnic.

Oggi la comunità islamica di Pordenone prende le distanze da Bosnic e dai suoi seguaci. «Escludiamo al cento per cento che ci siano radicali islamici nella nostra provincia o che ci siano dei reclutamenti». A uscire dal silenzio è Abdellah Ben Driss, segretario del Centro islamico (di cui è stato anche presidente dagli esordi nel 1997 e per oltre dieci anni). «Non esiste un Islam radicale a Pordenone e le cose lette in questi giorni ci hanno molto allertato», prosegue Ben Driss, marocchino che in città ha moglie, figli e un negozio. La sua è una preoccupazione palpabile, come quella dell'intera comunità. Il direttivo del Centro ha convocato una riunione straordinaria per fare il punto sulla situazione e valutare come aumentare ulteriormente i controlli. L'incontro si è tenuto ieri sera e vi hanno partecipato i rappresentanti delle tredici comunità di musulmani presenti sul territorio. La preoccupazione ha spinto la Comunità anche ad accelerare i tempi della ricerca di un nuovo imam, che potrebbe concludersi già nelle prossime settimane, colmando così un vuoto che dura ormai da oltre un anno e mezzo, quando Mohammed Ouatiq ha lasciato l'Italia. Da allora è mancato un vero e proprio coordinamento forte, in grado di gestire la situazione e probabilmente alcune contrapposizioni interne tra fedeli che provengono da Paesi, lingue e culture diverse.

Nei giorni scorsi alcune delle dichiarazioni a mezzo stampa dell'attuale presidente del Centro, Ahmed Erraji, sulla ipotetica esistenza di alcune frange estremiste anche in Friuli Occidentale sono state duramente contestate dalla comunità. Hanno inoltre suscitato l'attenzione del Consolato del Marocco (Paese di origine di Erraji) che ne sta valutando la fondatezza, in quanto sono in contrasto con le informazioni finora acquisite. «Siamo cittadini italiani, se esistesse qualche rischio per la città saremmo in pericolo anche noi e i nostri figli che sono nati e vanno a scuola in Italia - prosegue Abdellah Ben Driss - Abbiamo sempre collaborato con le forze dell'ordine». Così come avvenne nel giugno 2013, quando a Pordenone arrivò Bilal Bosnic (invitato a un convegno organizzato al Centro) e che a quasi un anno di distanza si è scoperto essere un predicatore wahabita che in Austria e in parte del Nord Italia ha fatto proselitismo in favore della guerra santa. Ricorda Ben Driss: «Lo abbiamo portato in Questura per il riconoscimento, abbiamo verificato le sue parole e il suo intervento. Il Centro è una vetrina, tutti devono e possono sapere cosa vi accade. Le associazioni hanno proprio questo compito, quello di controllare il territorio e sapere chi arriva e chi va via», conclude Ben Driss.
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Il Gazzettino