Terremoto a L'Aquila, graziato il preside del convitto

Terremoto a L'Aquila, graziato il preside del convitto
IL CASOUDINE «Adesso vorrei tornare a scuola il più presto possibile». È questo il primo commento di Livio Bearzi, il preside friulano che era stato condannato per il crollo...

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IL CASO
UDINE «Adesso vorrei tornare a scuola il più presto possibile». È questo il primo commento di Livio Bearzi, il preside friulano che era stato condannato per il crollo del convitto nazionale Domenico Cutugno, ridotto in macerie dal sisma del 2009 a L'Aquila, dopo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha concesso la grazia integrale sulla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.

La notifica del provvedimento è arrivata ieri mattina e consentirà a Bearzi di ricominciare da dove aveva lasciato. «Sono stato sospeso dal servizio dal 23 ottobre 2015. In questi due anni la scuola mi è mancata: sono quarant'anni che sono attivo nel mondo scolastico, anche se in diversi contesti», ricorda Bearzi. Ora, non esclude di cogliere al volo la visita di Mattarella a Udine, il 13 novembre, per l'inaugurazione dell'anno accademico dell'ateneo friulano, «per andare a salutare il Presidente e ringraziarlo di persona».
IL CROLLO
Bearzi, che all'epoca del sisma era preside del convitto abruzzese solo da poco, fu condannato in via definitiva dalla Cassazione a 4 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici, per omicidio colposo plurimo e lesioni personali. Nel crollo della scuola morirono tre ragazzi e altri due studenti furono feriti. Al dirigente, come ricordano le cronache, venivano contestate la mancata ristrutturazione del vecchio edificio del convitto, costruito nell'800, e l'assenza di un piano per la sicurezza. Dopo la sentenza si aprirono per lui le porte del carcere di Udine il 10 novembre 2015, quando la Polizia gli notificò un ordine di carcerazione della Procura generale della Corte d'Appello de L'Aquila. Subito si mobilitarono in massa la società civile, il mondo della scuola e della politica. A dicembre 2015 anche la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani (che ora riconosce «al presidente Mattarella una grande saggezza, che lo ha guidato in una decisione per la quale esprimo gratitudine») scrisse al Capo dello Stato chiedendo l'annullamento della pena e dell'interdizione dai pubblici uffici. Il 23 dicembre, Bearzi poté fare ritorno a casa a Cividale grazie all'affidamento in prova ai servizi sociali, concesso prima in via provvisoria dal magistrato di sorveglianza di Udine e poi confermato dal Tribunale di Sorveglianza di Trieste.
La decisione diede il via libera all'attività di volontariato in un consorzio che si occupa di accoglienza ai profughi tuttora in corso, ma lasciò l'interdizione dai pubblici uffici. Dopo la notizia ufficiale della concessione della grazia, il pur riservato Bearzi non ha nascosto l'emozione: «Sono rimasto molto contento. La speranza c'era, ma sapevo che la vicenda mia era complessa. C'era il timore potesse non arrivare. Ho ricevuto tanta solidarietà. Ora voglio festeggiare in famiglia e poi, certamente, voglio fare una grande festa con quelli che mi hanno dato una mano».

Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino