Tarantola-Gubitosi, l'equilibrio ritrovato

Tarantola-Gubitosi, l'equilibrio ritrovato
ROMA - Tre anni di tandem Tarantola-Gubitosi al vertice di Viale Mazzini, e ora: nuova legge sulla Rai approvata ieri e martedì la nuova governance della televisione di Stato....

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ROMA - Tre anni di tandem Tarantola-Gubitosi al vertice di Viale Mazzini, e ora: nuova legge sulla Rai approvata ieri e martedì la nuova governance della televisione di Stato. In questi tre anni è cambiata molto la Rai e molto ancora sarebbe potuto cambiare, se la dirigenza di questa azienda non avesse dovuto rispondere a un consiglio di amministrazione di natura politica, dotato per legge di super-poteri. La radiografia della Rai, dopo tre anni e ora che la coppia Tarantola-Gubitosi lascia il Settimo piano, descrive comunque un corpo risanato in molte sue parti. Anche se il tempo per riorganizzare e rilanciare è stato, appunto, non lungo quanto sarebbe stato necessario per completare l'opera. Il problema di base, in questo modello aziendale sui generis, è rappresentato dai poteri del direttore generale, che sono limitati: e basti pensare alle nomine che devono essere approvate dal Cda. E insomma senza il consenso e il voto dei partiti e dei loro rappresentati a Viale Mazzini, non si può promuovere o rimuovere nessuno. Cosa che invece un amministratore generale farebbe in mezz'ora, o poco più o poco meno in consiglio, tramite una telefonata al capo del personale.

E dunque, tre anni vissuti pericolosamente? Verrebbe quasi da dire l'opposto, ossia tre anni vissuti ”normalmente”, se si considera che la Rai è sempre stata per italica tradizione un cratere di polemiche politiche a getto continuo. Stavolta il grado di incandescenza dentro e intorno a questa azienda cruciale sembra essere risultato minore. Forse anche perchè la governance uscente è stata nominata da un governo tecnico (quello di Mario Monti) e ha cercato di agire sulla base di criteri manageriali di tipo tecnico, ossia quasi inediti in questo mondo molto particolare e irrintracciabile come modello nelle televisioni pubbliche di altri Paesi europei.

A Saxa Rubra ancora si racconta una aneddoto. Il 18 luglio del 2012, giorno successivo all'insediamento del direttore generale, Gubitosi insieme alla Tarantola vanno in visita negli studi televisivi e si soffermano particolarmente con lo sguardo sulle montagne di video-cassette in vista. Devono avere avuto in quel momento, cioè da subito, l'impressione che la Rai parlava del passaggio al digitale da svariati anni, ma non si era ancora fatto nulla per entrare davvero nel nuovo mondo. Tre anni dopo, uno dei cambiamenti più sensibili tra la Rai di prima e quella di adesso può essere considerata la digitalizzazione. E di fatto, la Rai si è trasformata da operatore radiotelevisivo in media company. Il piano industriale messo in campo ha avuto tre obiettivi principali: recuperare il gap e riportare la Rai all'avanguardia tecnologica, migliorare l'offerta e rimettere in equilibrio i conti. Che erano precedentemente peggiorati anche a causa del crollo della pubblicità e dalla progressiva diminuzione del canone dovuta all'evasione. La razionalizzazione e riorganizzazione aziendale ha prodotto un risparmio di 92 milioni, rispetto al 2013, nei costi esterni per beni e servizi. Mentre la riduzione dei costi è di 186 milioni rispetto al 2012. E i costi di produzione sono calati del 12%. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino