Lo hanno pugnalato a morte. Poi l'hanno trasportato fino al sentiero Castel Cesil a Possagno, dove hanno fatto scempio del cadavere. Gli hanno dato fuoco e infine gli hanno gli...
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IL PRIMO - L'identità della vittima. Per ora quel cadavere non ha un nome. E scoprirlo non è così agevole. «Da subito -ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri Ruggiero Capodivento- abbiamo raccolto indizi e testimonianze che stiamo mettendo sotto il microscopio. Il nome? Dobbiamo attendere riscontri scientifici». La pista più plausibile sembra quella dei due giovani rimasti in panne con l'auto a pochi metri dal cadavere semicarbonizzato. «Vicino a quel posto -aggiunge il colonnello Capodivento- sono passate decine e decine di persone. A parte i killer, tutte per caso».
C'è la sensazione che gli indizi raccolti possano portare le indagini ovunque. Perfino che la coppia abbia avuto solo il compito di "smaltire" il cadavere e che l'abbia fatto in modo così grossolano da averne favorito una rapida scoperta. Ma i veri sicari potrebbero essere altrove.
IL SECONDO - La vittima aveva i polpastrelli abrasi. Ancora non si sa se la cancellazione delle impronte sia avvenuta prima, eventualità più probabile, o dopo il delitto.
IL TERZO - Vicino al cadavere semicarbonizzato è stato trovato un coltello. Forse l'arma del delitto. Perché mai è stato fatto di tutto per depistare le indagini, trasportare il cadavere in un luogo deserto dandogli poi fuoco, ma dimenticandosi di far sparire una prova probabilmente decisiva?
LA PISTA - I carabinieri hanno diversi elementi per iniziare a sbrigliare la matassa e dare un volto e un nome a chi ha barbaramente assassinato quell'uomo. Ma l'identificazione ne darebbe molti di più. Dare un'identità alla vittima significa amplificare le possibilità di mettere le mani su chi ha trucidato quell'uomo. «Ma è troppo presto -ha concluso il colonnello Capodivento- per fare affermazioni che i fatti potrebbero smentire». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino