Lo chiamavano Giorgio Monti ma la leggenda vuole che il suo vero nome fosse Jakov Stalin, figlio del dittatore russo. Alla misteriosa vicenda umana di Giorgio Monti il...
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«Ho promesso al partigiano che avrei mantenuto riservato il suo nome - spiega Tarzariol - mi ha raccontanto particolari che mi erano sconosciuti su Giorgio Monti. Nelle chiacchierate tra compagni, ad esempio, trapelava ben poco se non nulla della sua vita privata. Si sa solo che Giorgio spesso andava in Crimea al mare a svernare e, se ci pensiamo bene, a quei tempi sul Mar Nero non ci poteva certo andare il figlio di poveri contadini come si diceva fosse Monti. L'ex partigiano mi ha riferito di aver sentito che Monti e compagno Peter erano scappati da un treno che trasportava prigionieri dei tedeschi». Giorgio Monti, sempre secondo il partigiano, era in compagnia di questo amico, Peter, «alto due metri e robusto. Trattava Monti con molta deferenza, quasi fosse l'attendente di un capitano. E la cosa era un po' strana perchè tra compagni partigiani si era creata un'amicizia per cui fra essi non vi doveva essere alcuna differenza». Dopo la guerra Peter è rimasto a lavorare in una cooperativa di Conegliano che si occupava di trasporti, e spesso passava qualche ora in osteria con il vecchio partigiano a chiacchierare. «Ma neppure davanti ad un'ombra di Raboso - ribadisce Tarzariol citando la sua fonte - mai è trapelata la vera identità di Giorgio Monti». Casomai sono emersi nuovi aspetti circa la morte del militare russo. Secondo il vecchio partigiano, il suo corpo è stato sepolto in via provvisoria a Tovena, fuori dal cimitero, a circa 10 metri dall'entrata. «In seguito il figlio di Giorgio Monti, un giovane di circa 17 anni, fece sapere di aver preso un loculo dove trasferire la salma del padre - chiude Tarzariol - Venne organizzato il trasferimento, ma quando si scavò fuori dal cimitero la salma non c'era più. Impossibile sbagliare il luogo, sopra la tomba era stato piantato pure un cipresso. Venne interrogato il custode del cimitero. Ma egli disse che non sapeva nulla. Una notte però aveva visto delle luci vicino al cimitero e, prima di giungere sul posto a controllare, vide partire a tutta velocità un'auto con i fari accesi, fuggita poi verso il San Boldo». Il mistero dunque s'infittisce e non smette di appassionare. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino