Stiamo cambiando. E in fretta. Più di quanto nessuno di noi potesse sospettare

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Stiamo cambiando. E in fretta. Più di quanto nessuno di noi potesse sospettare solo un anno fa, quando un virus misterioso - ma annunciato secondo alcuni scienziati, tutti...

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Stiamo cambiando. E in fretta. Più di quanto nessuno di noi potesse sospettare solo un anno fa, quando un virus misterioso - ma annunciato secondo alcuni scienziati, tutti inascoltati - faceva ammalare e morire. Non c'è niente di nuovo però in questa trasformazione, nemmeno a leggere i dati dell'Osservatorio Nordest sulla propensione a vaccinarsi, cresciuta nella popolazione di Veneto e Friuli Venezia Giulia di circa il 15 per cento in tre mesi. Ora il 77 per cento è per il sì al vaccino, un anno fa si fermava al 61. Cosa sia accaduto lo vediamo tutti: di fronte ad una novità agiamo in modo irrazionale o con razionalità limitata, parola di neuroscienziati. Poi l'inesperienza viene aggiornata dalle informazioni e dalla visione della realtà circostante.

Un anno fa quasi nessuno dei nostri amici o familiari era stato toccato dal virus: ora l'elenco, per chiunque, è diventato storie di sofferenze e morte, tutte vicine. Anche per questo cerchiamo un vaccino per noi stessi, dimenticando però in troppi le norme di distanziamento e uso della mascherina.

Su base sociale e storica sta avvenendo quanto accaduto in passato col vaiolo, la malattia per la quale nacque in Occidente l'idea del vaccino. Quella malattia è stata eradicata e la vaccinazione obbligatoria è stata sospesa a partire dagli anni '70 e '80 in tutti i Paesi; in Italia nel 1977, e definitivamente abrogata nel 1981. Ma non fu una strada facile perché risulta sempre molto complicato gestire alcune aree del mondo e alcune culture: nel 1966 il 90% circa dei nigeriani risultava gia vaccinato, ma il vaiolo si diffuse comunque, probabilmente da una tribu che si era rifiutata di immunizzarsi per motivi religiosi. Da qui cominciò la strategia dell'isolamento di alcune aree per poter limitare i contatti. Operazione che si ripetè anni dopo in India con milioni di persone isolate. Cambiamo dunque, così come l'idea sull'obbligatorietà quasi i 60 per cento dice di sì è un segno della modifica della mentalità collettiva che cerca equilibrio tra la libertà individuale e la salute quella comunità.Il nostro Paese ha già percorso queste strade in passato: la vaccinazione antidifterica (obbligatoria dal 1939) ha permesso, per esempio, di registrare l'ultimo caso di difterite danneggia o distrugge tessuti e organi nel 1996. Tutto bene? Mah. Attualmente il 22 per cento non vuole il vaccino, era il 30% tre mesi fa. Cambia anche qui; ma bisogna ricordare che siamo il paese dove in molti credevano che siero di capra e cocktail di farmaci (Bonifacio e Di Bella) avrebbero dovuto guarire il cancro. Questo significa che informazione e comunicazione scientifica percorrono ancora strade in salita: e che anche la medicina deve aggiustare il rapporto con la gente. Quando, nel 1979, l'Oms concluse l'attività antivaiolo in Kenya venne chiesto a Donald Henderson, il capo di quella campagna, quale fosse la prossima malattia da sconfiggere. Rispose: «La cattiva gestione della sanita».
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Il Gazzettino