Soci in ritirata: la Fondazione chiude

Soci in ritirata: la Fondazione chiude
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Era stata creata per aiutare il tribunale a smaltire le pile di pratiche rimaste arretrate a causa della cronica carenza di personale. Dopo un paio di anni, però, la fondazione Treviso Giustizia chiude mestamente i battenti. E così sparisce il fondo da 105mila euro inizialmente messo a disposizione dai soci fondatori: 50mila euro dalla Camera di commercio, 30mila da UniCredit, 20mila da fondazione Veneto Banca e 5mila dalla Provincia. Questa ultima sancirà l'addio definitivo approvando la procedura di estinzione nel consiglio convocato per il 5 novembre. «Ci sono stati dei problemi di coordinamento del lavoro della fondazione rispetto alle competenze di altri enti e ministeri -prova a spiegare Muraro- difficoltà che hanno spinto la Camera di commercio a uscire. E a questo punto noi andiamo a ruota». Amarissimo il commento di Giovanni Schiavon: «Qui tutti parlano di giustizia -sbotta l'ex presidente del tribunale che nel 2012 tenne a battesimo la fondazione- ma poi nessuno fa niente: la decisione di chiudere è assolutamente priva di senso».

Treviso Giustizia, sulla scia dell'analoga fondazione creata a Modena, aveva il compito di aiutare il tribunale a far fronte in particolare al drastico aumento delle esecuzioni immobiliari e dei fallimenti. In un periodo di crisi economica, l'obiettivo principale era quello di tagliare i tempi di attesa e i costi delle procedure. Per questo la fondazione aveva selezionato due figure professionali capaci di dar fondo alle pratiche arretrate. In più, c'era il proposito di informatizzare gli uffici. Così da poter avviare il progetto del processo civile telematico. Adesso, però, è sfumato tutto. In modo definitivo. Non è un periodo di pausa: la fondazione viene proprio smantellata. E i soldi rimasti nel fondo iniziale da 105mila euro verranno addirittura liquidati e restituiti a ogni socio fondatore. «In ballo c'erano cifre praticamente irrisorie, ma che per noi erano importanti -conclude Schiavon- adesso diranno che è colpa della spending review, ma la verità è che l'esperienza non interessava perché non portava vantaggi diretti. Il punto è che chi ne beneficiava erano i cittadini». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino