Smartphone di ultima generazione

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Il blitz era stato programmato al termine di una serie di accertamenti di natura investigativa. Ieri mattina gli agenti penitenziari hanno perquisito contemporaneamente tre celle nel quinto blocco della Casa di reclusione di strada Due Palazzi. Sono andati praticamente a colpo sicuro. Sapevano che i tre detenuti avevano a disposizione altrettanti smart phone di ultima generazione. I cellulari erano nascosti allo stesso modo. Occultati nel doppiofondo del secchio che ogni recluso ha a disposizione in cella per lavare la biancheria. Gli smart phone sono stati recuperati e sequestrati. Un dettagliato rapporto sull'operazione compiuta dalle guardie penitenziarie sarà trasmesso nelle prossime ore in Procura. I detenuti che nascondevano i telefoni sono tutti di etnia albanese. Individui che hanno goduto di massima libertà di movimento, utilizzando i permessi premio e lavorando per conto delle cooperative sia all'interno che all'esterno della struttura penitenziaria. Il più pericoloso del terzetto è un ergastolano catturato in Olanda dopo un periodo di latitanza e poi estradato in Italia, dove si era macchiato di un omicidio. In passato aveva ottenuto un impiego in una cooperativa ma è stato allontanato perché rubava. I due connazionali stanno invece scontando pene pesanti per traffico di stupefacenti. Non usciranno prima di quattro o cinque anni. Uno dei due era stato coinvolto, ed è tuttora sotto processo a Padova, nell'operazione Apache (nella foto), il blitz della polizia che aveva portato nel luglio 2014 all'arresto di una quindicina tra guardie carcerarie e detenuti, implicati a vario titolo nel commercio di droga, telefoni e chiavette usb. Dinja Bledar, 42 anni, albanese, era stato indagato ma non ha evidentemente perso l'abitudine di procacciarsi i telefoni cellulari. Gli agenti penitenziari sono convinti di aver inflitto un duro colpo all'incessante traffico di telefoni in cella. I tre albanesi avrebbero tutti un ruolo di primo piano. «Ci attendiamo ora provvedimenti drastici - osserva Giovanni Vona, del sindacato autonomo Sappe - questi personaggi non possono fare quello che vogliono. Vanno trasferiti con urgenza».

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Il Gazzettino