Sissy, un anno dopo la famiglia attende ancora risposte

Sissy, un anno dopo la famiglia attende ancora risposte
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L'ANNIVERSARIO
VENEZIA Esattamente un anno fa Teresa Trovato Mazza, detta Sissy, 29 anni, agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere femminile della Giudecca, venne ritrovata ferita gravemente alla testa da un colpo di pistola esploso dentro l'ascensore del reparto di pediatria del Padiglione Jona dell'ospedale Civile di Venezia.

Da un anno la Procura di Venezia ha aperto un fascicolo riguardo all'episodio senza, però, mai arrivare ad una ipotesi di reato o archiviazione. Sissy venne subito operata e stabilizzata all'ospedale dell'Angelo, quindi trasferita in una struttura privata in Calabria, vicino alla sua famiglia e al suo paese Natale. Un paio di settimane fa è stata sottoposta ad un primo intervento di ricostruzione del cervello a Bergamo. Ma, dal 1° novembre del 2016 non si è mai svegliata dal coma. La sua famiglia da un anno combatte la sua battaglia per conoscere la verità su quanto accaduto alla figlia. E quotidiani sono gli appelli che soprattutto il padre della ragazza, Salvatore Trovato Mazza, lancia per sapere quanto realmente accaduto a Sissy. La famiglia non crede al tentato suicidio, ha fatto emergere alcune faccende legate allo spaccio di droga in carcere che aveva confidato loro la figlia. La vicenda è finita più volte a Chi l'ha visto? e continua ad avere una attenzione mediatica massima grazie a gruppi social dedicati alla giovane dove si susseguono ricordi, foto, appelli, preghiere, richieste di sapere cosa è successo. Qualche giorno fa, dopo la prima operazione a Bergamo di Sissy, ha parlato anche uno degli avvocati della famiglia, Simona Cardarelli del foro di Treviso. «Il silenzio della Procura è uno degli aspetti che più fa irritare la famiglia spiega l'avvocato Carderelli Il fascicolo è ancora aperto, sono state depositate le perizie e come legale della famiglia ho presentato diverse richieste ma dal sostituto procuratore non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta. A certi atti non possiamo accedere fino a quando non ci sarà un avviso di chiusura indagini. Restano tanti dubbi che vanno chiariti, che la famiglia vuole chiarire. Comprendo questa famiglia che aspetta invano di sapere la verità. Dopo un anno è il momento delle risposte».

Raffaele Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino