Si chiamano piani di emergenza: dossier sulle caratteristiche del territorio e pianificazione degli interventi in caso di disastri. Avrebbero dovuto essere predisposti da tutti i...
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«Purtroppo in Italia si costruisce bene, con criteri antisismici, solo dopo un terremoto grave. E la controprova è Norcia: lì dopo il terremoto del 79 si è proceduto con interventi antisismici sugli edifici e così i danni provocati dal sisma di due notti fa sono quasi irrilevanti». Il sismologo Enzo Boschi individua il cuore del problema: il Paese ha una legislazione all'avanguardia ma non esiste una legge che obblighi a uniformare ai parametri antisismici il patrimonio edilizio esistente. L'obbligo di adeguare la vecchia casa riguarda solo le ristrutturazioni pesanti e altri pochi casi (ad esempio in caso di sopraelevazione del fabbricato). Un buco normativo disastroso, l'Istat attesta che ci sono oltre 16 milioni le case costruite prima del 1971 (anno in cui è nata la prima legge che istituiva l'obbligo di depositare i calcoli a firma di un ingegnere), delle quali ben 5,3 milioni sorgono in zona 3 (terremoti di media intensità) e più di 760mila in zona 4 (terremoti di forte intensità). A questo si deve aggiungere che negli ultimi 40 anni lo Stato ha speso 151 miliardi per la ricostruzione del patrimonio edilizio distrutto. Denaro sufficiente, a giudizio dei geologi, per mettere in sicurezza buona parte degli edifici pubblici. A cominciare dalle scuole, considerato che ben 24mila istituti sorgono su territori che sono delle vere proprie bombe sismiche ad orologeria. Ancora i geologi indicano la riforma da realizzare subito: obbligare tutti comuni a dotarsi del fascicolo del fabbricato.
Ma serve anche un intervento finanziario del governo. Gli ingegneri sismici italiani suggeriscono la ricetta del Giappone: obbligo per tutti gli immobili di un'assicurazione (fortemente scontata sul piano fiscale) per i danni da sisma. Solo così il proprietario di un immobile sarebbe convinto a intervenire sulle strutture, a fronte di uno sconto sulla polizza. E, in caso di terremoto, i danni sarebbero minori e i costi di ricostruzione peserebbero sulle casse della compagnia anziché su quelle dello Stato.
Dopo il terremoto in Abruzzo del 2009 è stato avviato il Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico, che prevede lo stanziamento di 965 milioni di euro in sette anni per realizzare interventi sull'intero territorio nazionale. Dal 2010 si prevede che le regioni attivino da un minimo del 20% a un massimo del 40% di interventi sugli edifici privati, purchè la cifra sia pari o superiore ai due milioni di euro. Ma l'impiego dei fondi sembra essere un buco nero, sulla situazione nei comuni dell'alto Lazio e le Marche farà chiarezza la magistratura. Settecentomila euro erano stati impiegati dal Comune di Amatrice per l'adeguamento sismico della scuola ridotta in macerie due giorni fa, mentre i due milioni, destinati al municipio crollato, erano stati dirottati altrove.
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Il Gazzettino