Sfilza di scoop grazie all'amante senatore la reporter Usa come in House of Cards

Sfilza di scoop grazie all'amante senatore la reporter Usa come in House of Cards
IL CASONEW YORK Gli scoop di Ali Watkins erano «da lasciare a bocca aperta», come commentò la nota giornalista liberal Rachel Maddow. Ma da dove venivano quelle informazioni...

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IL CASO
NEW YORK Gli scoop di Ali Watkins erano «da lasciare a bocca aperta», come commentò la nota giornalista liberal Rachel Maddow. Ma da dove venivano quelle informazioni riservatissime? L'Fbi è convinta che Ali le abbia ricevute in modo illegale, e ha confiscato tutto il suo materiale degli ultimi 4 anni. La 28enne reporter del New York Times che si era fatta le ossa passando prima al Daily News, poi alla catena McClatchy, all'HuffPost, a Buzzfeed e Politico, aveva indubbiamente rivelato ben presto un fiuto eccezionale. Ma dal dicembre del 2013 pare abbia anche ricevuto qualche soffiata top-secret. In quei giorni, la laureata della Temple University cominciava infatti una relazione con James Wolfe, uno degli individui più addentro ai massimi segreti dello Stato Usa: dal 1987 Wolfe era il direttore della sicurezza per la Commissione del Senato sull'Intelligence. Dalle sue mani passavano documenti del Pentagono, del Dipartimento della Giustizia, della Casa Bianca. Nel tragitto, qualche briciola è caduta sul grembo della giovane, e da lì è finita sulle prime pagine. Un uomo potente e una giornalista: per gli appassionati di House of Cards la storia presenta un'eco inquietante. Inevitabile, se si pensa che Ali stessa aveva seguito con passione le vicende dell'ambizioso personaggio di Zoe Barnes, la cronista che diventa amante di Frank Underwood, il cinico deputato democratico che conquista la Casa Bianca.

LA FINZIONE
Nella finzione televisiva, la cronista finisce uccisa, buttata sotto un treno da Underwood. Nella vita reale, James Wolfe viene mollato da Ali Watkins. Wolfe non è Underwood, e scrive all'amante una lettera supplicante: «Ho sempre tentato di darti tutte le informazioni che potevo, in modo che tu potessi usarle al meglio e avere uno scoop prima di tutti gli altri». Quella lettera è adesso nelle mani dell'Fbi, ed è una delle prove a carico di Wolfe. Il direttore della sicurezza del Senato aveva giurato di non aver mai violato il suo dovere di proteggere i massimi segreti dello Stato, e invece le numerose comunicazioni con Ali provano il contrario. Certo, lui è in una posizione ben più grave: è venuto meno in modo gravissimo al suo compito e ha giurato il falso. Lei invece aveva apertamente rivelato ai suoi datori di lavoro che era in una «relazione personale» con Wolfe, anche se aveva loro detto che nessuno dei suoi scoop provenivano da lui.
E invece, si scopre che lui non ha passato notizie solo a lei, ma ad altri tre giornalisti, se non di più. Perfino noti sostenitori dei diritti dell'informazione non osano difenderlo: per quasi 30 anni Wolfe è stato in una posizione in cui doveva proteggere i segreti del Paese, e l'Fbi sta cercando di capire se non abbia causato danni ben più grandi che non qualche momento imbarazzante per l'Amministrazione Trump.
LE INCHIESTE

Alcuni degli scoop di Ali riguardavano infatti l'inchiesta del Senato sui contatti avuti dalla campagna di Donald Trump con esponenti russi. Ma è proprio questo particolare del suo lavoro che genera qualche sospetto circa la severità con cui l'Fbi è calata su Ali: gli agenti non hanno rispettato l'accordo che in casi del genere prevede che si dia ai giornalisti un preavviso, in modo che questi possano difendersi. Nessun preavviso ad Ali: lo scorso febbraio le hanno confiscato tutto il suo materiale, senza neanche farle prima una telefonata.
Anna Guaita
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino