Il primo sì al Senato arriva dopo un iter tormentato durato due anni e mezzo: 165 favorevoli, 74 contrari, 13 astenuti. E se l'approvazione del disegno di legge anticorruzione,...
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Il Guardasigilli punta a far approvare la delega contenuta nella riforma del processo penale. Ma intanto una nuova proposta, destinata a suscitare una bufera, porta la firma di Nicola Gratteri, presidente della commissione voluta da Renzi per la revisione della normativa antimafia. Non solo un nuovo reato, relativo alla pubblicazione «arbitraria di intercettazioni». Ma anche il divieto per i pm di inserire le conversazioni integrali negli atti giudiziari. Le misure messe nero su bianco dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria e inviate a Palazzo Chigi cancellano la possibilità di inserire trascrizioni integrali a meno che «la riproduzione testuale non sia rilevante a fini di prova». Tutte misure che, secondo Gratteri, sono in grado di garantire il diritto di difesa e la riservatezza. Se il governo, attraverso il Guardasigilli Orlando, assicura che non intende limitare il ricorso delle intercettazioni, la proposta Gratteri va ben oltre e prevede che gli ascolti siano consentiti solo quando sussistano «indizi di reato» e siano indispensabili per le indagini. «Un passaggio per superare il regime speciale che contraddistingue i reati di criminalità organizzata». Anche perché, scrive Gratteri, «la ricerca della prova non richiede mezzi diversificati a seconda del tipo di reato cui si riferiscono le indagini». Resta da vedere quale strada prenderanno queste proposte. Certamente non quella del decreto perché - dice Orlando - «non c'è alcuna esigenza di accelerare». Dopo le ultime inchieste che hanno portato discovery delle conversazioni di Lupi e D'Alema (entrambi non indagati), non è solo la politica a chiedere maggiore rigore. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ritene «opportuno» un intervento del legislatore, non per «limitare l'intervento della magistratura» né per «mettere il bavaglio alla stampa», ma per tutelare «l'onorabilità» di chi non è indagato.
Tonando all'anticorruzione, la più grande novità riguarda il falso in bilancio. Le false comunicazioni, nelle società quotate in borsa, saranno punite con pene fino a otto anni, che rendono possibili eventuali intercettazioni non consentite, invece, per le società non quotate, i cui amministratori che trucchino i conti rischiano fino a 5 anni.
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Il Gazzettino