segue dalla prima pagina (...) proclama lo stato d'emergenza e chiude le frontiere

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(...) proclama lo stato d'emergenza e chiude le frontiere segue un vecchio modello di sovranità. Sovrano, oggi, è chi dispone dei dati. E i nostri sovrani non dispongono dei dati perché non dispongono dei test. Quindi non sono veri sovrani, bensì impotenti, costretti a risfoderare poteri di altri tempi per recuperare una parvenza di controllo sulla situazione. Constatare questo ritardo non significa necessariamente auspicare le misure invasive della privacy che sono state adottate in alcuni paesi asiatici, dove la posizione degli infettati viene tracciata via cellulare e resa pubblica in ogni momento. Ma, al di là del fatto che nessuna misura viola la libertà individuale più della quarantena alla quale siamo attualmente sottoposti, sta a noi elaborare un modello diverso, più rispettoso dei valori sui quali sono costruite le nostre società. Per poterlo fare, però, dobbiamo prima colmare il nostro ritardo, che non è solo tecnologico, ma soprattutto di visione e di previsione. Altrimenti si cade nella tragicommedia di quei governi che hanno denunciato a gran voce l'inutilità delle mascherine e dei test semplicemente perché non ne disponevano. Insieme a molte altre cose, la crisi globale del Coronavirus è una macchina per mettere a confronto leader politici e apparati statali. E se i governanti europei possono ancora contare sull'eredità dei sistemi di welfare che sono stati creati nel secolo scorso, non si può dire che abbiano brillato né per capacità di leadership (qui la palma va a Jacinda Ardern, la premier della Nuova Zelanda che ha chiuso il paese con largo anticipo, senza isterie e senza metafore guerriere), né per preparazione tecnico-scientifica, né per coerenza, visto il balletto di dichiarazioni e di misure contraddittorie al quale si sono consacrati nel corso delle ultime settimane. Senza neppure evocare lo spirito europeo, sul quale è meglio stendere un velo pietoso. In una situazione del genere, le metafore guerriere sono un autogol. Se il Coronavirus fosse una guerra, ci toccherebbe ammettere che l'Europa è stata sorpresa da una guerra-lampo rispetto alla quale i generali erano impreparati e divisi. Quando le misure di quarantena avranno prodotto il loro effetto sulla diffusione del virus, il nostro compito sarà di ricostruire dopo la sconfitta. E il primo requisito per farlo sarà una salutare dose di umiltà.
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Il Gazzettino