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(...) Acne giovanile? Un nido di vespe nell'aula? Chiedo spiegazioni. Ed ecco la risposta che non ti aspetti: «Sono il segno di una ferita invisibile agli occhi, conseguenza del Covid». Rimango sorpreso, e mi incuriosisco ancora di più. Lorenzo chiarisce: «Vede prof, ne abbiamo parlato tra compagni, ci siamo raccontati le fatiche di questi mesi, con l'isolamento fisico, il lockdown, l'impossibilità di abbracciarsi o darsi solamente una pacca sulle spalle, l'allontanamento dei banchi in classe, l'impossibilità di incontrarsi, di trovarci in gruppo fuori di scuola». Aggiunge Francesco: «È un periodo molto difficile per noi. E non sapevamo come esprimerlo ai professori, ai genitori, alla gente. Ciò che abbiamo dentro è troppo difficile da spiegare. Ci siamo anche un po' abituati alle nuove regole di comportamento, per non contagiarci e contagiare gli altri. Ma questa vita non è quella di prima! Il cerotto che portiamo in faccia non nasconde una ferita della pelle, ma è segnale di una cicatrice invisibile nell'anima...». Riprende Lorenzo: «Abbiamo pensato di comunicare il nostro disagio attraverso una performance di body art che abbiamo intitolato UNA FERITA INVISIBILE AGLI OCCHI. Sono gli effetti psicologici del Covid». Questi sono i miei ragazzi! I ragazzi della 4G del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Treviso! Un cerotto per comunicare silenziosamente il proprio disagio di fronte a questa pandemia, che oltre a privarci di esseri umani (soprattutto nonni) ci lascia scombussolati dentro, fragili nella psiche, e cambia le relazioni umane... Non un flash mob, non una mobilitazione generale, non una protesta, ma una performance di body arte. Come avreste reagito voi? Ho condiviso pienamente la loro iniziativa, ho chiesto un cerotto e me lo sono messo in faccia anch'io. I ragazzi mi hanno detto che questa iniziativa durerà per tutta la settimana, fino al 9 maggio. Che possa essere di ispirazione per qualche altra classe nelle scuole di Treviso?
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Il Gazzettino