Scuola, braccio di ferro sulle 120mila assunzioni

Scuola, braccio di ferro sulle 120mila assunzioni
ROMA - Il pressing va avanti per tutto il giorno: parlamentari Pd, renziani e non, e ministro uniti per convincere Matteo Renzi a ripensarci e rimettere in campo un decreto nella...

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ROMA - Il pressing va avanti per tutto il giorno: parlamentari Pd, renziani e non, e ministro uniti per convincere Matteo Renzi a ripensarci e rimettere in campo un decreto nella riforma della scuola, per dare il via al piano di assunzioni straordinarie di 120 mila insegnanti dal settembre. Ma il premier è irremovibile: niente decreto, la riforma va tutta trasposta in un disegno di legge da affidare alla responsabilità del Parlamento. Perché chi lo accusa di essere un 'dittatorello' si prenda anche, eventualmente, la responsabilità di far saltare le assunzioni con ostruzionismo o altre lentezze. Una sfida a Forza Italia: «Voglio vedere se Brunetta si prende la responsabilità di votare contro». Ma anche la volontà di ascoltare l'invito di Mattarella a non scavalcare il Parlamento. Così, a fine giornata il risultato è uno stallo in consiglio dei ministri dopo un lungo braccio di ferro con il ministro Giannini: il governo fa un esame preliminare, il premier chiede ai ministri di inviare contributi sul testo ma il via libera al disegno di legge è rinviato a martedì prossimo.

Fonti del ministero osservano che fino all'ultimo non disperano di convincere il premier a trasporre il piano di assunzioni in un decreto, perché con i tempi parlamentari rischia di saltare tutto. Ma chi ha modo di parlare con Renzi riferisce di una posizione: «Fare un decreto solo per le assunzioni sarebbe come recitare liturgie da vetero-sinistra, vetero-sindacalismo». In Parlamento ci sono i tempi per farcela, a meno che non siano le stesse Camere a valutare - e chiedere al governo - la necessità di un decreto.
L'allarme, scattato lunedì, con l'annunciata decisione di Renzi di rinunciare al decreto, porta il ministro Stefania Giannini - incredula per quanto accade - a Palazzo Chigi er un colloquio di un'ora e mezza. I testi sono a quel punto già pronti: un disegno di legge e un decreto. Ci sono le coperture per 120mila assunzioni di precari della scuola: un miliardo per i quattro mesi del 2015 (stanziati dall'ultima legge di stabilità) e tre miliardi a regime dal 2016. Giannini spiega a Renzi che se non si fa subito un decreto, non più tardi di qualche giorno, le assunzioni promesse a decine di migliaia di precari per quest'anno, rischiano seriamente di saltare. Con il turn over e la copertura dei posti vacanti i nuovi assunti, stima qualche parlamentare, a settembre saranno non più di 35 mila.

Il piano per i precari, per di più, era stato inserito in un decreto che conteneva tanti temi diversi (dalla scuole paritarie - con la detrazione per le rette cara a Ncd - al potenziamento di alcune discipline), non tutti caratterizzati da criteri di necessità e urgenza. Di qui, spiegano fonti renziane di governo, la retromarcia imposta da Renzi. Alla luce anche delle parole del presidente della Repubblica Mattarella sulla decretazione d'urgenza, il leader del Pd decide di restituire la parola - e la responsabilità del varo in tempi «non biblici» - al Parlamento. Apriti cielo. Precari, sindacati, tecnici, parlamentari e il ministro, si uniscono in un sol coro per convincere Renzi a ripensarci. Le pressioni, tante e convergenti, ottengono per ora di rinviare il varo del disegno di legge. Ma niente di più: se le Camere - ragiona il premier - sono convinte che occorra un decreto per le assunzioni, me lo chiedano. Finora mi sono sempre sentito accusato da Brunetta e dalla Lega di essere un 'dittatorello'. La sinistra Pd mi ha definito centralizzatore e ha accusato il mio governo di sopraffare il Parlamento. Ma io semplicemente scelgo gli strumenti di volta in volta migliori per realizzare le riforme. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino