Scuola Bombardieri del Re da antico granaio a museo

Scuola Bombardieri del Re da antico granaio a museo
LA STORIAPer mille anni fra i pascoli di Mandre, come suggerisce il toponimo, avevano stazionato le mandrie nel lungo viaggio verso i mercati di Treviso e di Venezia. Ma fra il 2...

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LA STORIA
Per mille anni fra i pascoli di Mandre, come suggerisce il toponimo, avevano stazionato le mandrie nel lungo viaggio verso i mercati di Treviso e di Venezia. Ma fra il 2 gennaio 1916 e il 31 ottobre 1917 l'imponente granaio dell'immensa tenuta, da sempre appartenente alla nobile famiglia Collalto, venne requisito dal ministero della Guerra e trasformato in una caserma di eccellenza: la Scuola Bombardieri del Re. Una pagina di storia che, a cent'anni dalla fine del primo conflitto mondiale, da oggi potrà essere riletta nel museo allestito all'interno della restaurata fattoria, attraverso un percorso immersivo fra le tracce e i reperti dell'epopea bellica.

IL LUOGO
Siamo nella campagna trevigiana di Santa Lucia di Piave: di qua il fiume, di là la ferrovia. Un luogo isolato, ideale per formare un corpo specialistico chiamato a elaborare, testare, sviluppare e utilizzare la bombarda. «Si tratta di un'arma a tiro curvo spiega il curatore Bruno Marcuzzo capace di aprire il necessario varco nello schieramento nemico, nella fase del conflitto in cui la guerra di posizione con sbarramenti trincerati e reticolari rendeva gli assalti delle fanterie sanguinosi e fallimentari, visto che la tradizionale artiglieria a lunga gittata le esponeva al micidiale fuoco delle mitragliatrici avversarie, mentre cercavano di liberare il campo dalle ostruzioni». Eccolo il filo spinato attraverso cui dovevano farsi largo le truppe e che ora obbliga il visitatore a chinarsi, eccola la bomba Piave lanciata come un'àncora per traghettare gli uomini da una sponda all'altra del corso d'acqua, eccoli gli ordigni a mano che scendono dal soffitto e possono essere toccati. «Grazie ai prestiti dei musei e alle donazioni dei collezionisti, i reperti sono tornati a casa», commenta con orgoglio Luca Bellotto, l'assessore comunale al Turismo che insieme al sindaco Riccardo Szumski ha promosso l'operazione, grazie alla concessione dell'edificio in comodato gratuito da parte dell'azienda agricola collaltina Borgoluce. «La capacità di fare rimboccandosi le maniche, tipicamente veneta e della Sinistra Piave in particolare, ha creato un gioiello unico al mondo, di cui il territorio e i visitatori potranno godere», sottolinea il primo cittadino.
I PEZZI
La visita alla mostra è un'immersione nella vita della struttura che per ventidue mesi vide istruire 5.600 ufficiali e 113.000 soldati e graduati, subendo perdite quantificate in 18.287 morti, feriti o dispersi, ma anche ottenendo 2 medaglie d'oro, 323 d'argento e 840 di bronzo, 5.485 croci di guerra e 191 encomi. Le divise in panno verde risparmiate dal tempo, un elmo su cui è inciso il numero di matricola di un bombardiere ancora ignoto, le lettere rintracciate gli archivi, le fotografie donate dalle famiglie, gli albi delle firme del duca d'Aosta e di altri dignitari prestati dal Museo dell'Artiglieria di Torino. Quello che non è arrivato da fuori, era ancora qui dentro: «Dal magazzino sono usciti pezzi originali dell'epoca che sembrava ci stessero aspettando da cent'anni», racconta l'architetto Andrea Impiombato Andreani, progettista dello spazio espositivo. Sui muri sono stati recuperati fregi e dipinti, come quelli giganteschi con cui vennero tracciate le mappe del fronte macedone e di quello albanese. Altre scritte sono state riprodotte sulle pareti, citando stralci di documenti originali, come quello consegnato ad un allievo: «Soldato, benvenuto alla Scuola Bombardieri. Sono il comandante Enrico Maltese. Lei ha scelto di diventare un bombardiere, si comporterà di conseguenza. I reticolati non saranno più la scusa che giustifica il fallimento degli assalti. Il comando vuole che siano strappati con i denti e rotti con i petti. Conto sulla sua volontà di servire il Re e l'Italia».
IL MESSAGGIO

Altri studenti ora si siederanno sui letti a castello delle camerate e seguiranno le lezioni della guida sulle panche dell'aula, imparando a usare righello e goniometro per centrare un secchio con una pallina anti-stress. «Questa Scuola può essere ancora scuola, per trasmettere ai giovani un messaggio di pace in una terra che ha conservato un ricordo molto vivo della Grande Guerra, con le sue sofferenze ma anche con la voglia di ricominciare», osserva la principessa Maria Trinidad di Collalto, che ha visitato in anteprima il museo insieme alle figlie Ninni e Caterina. L'apertura al pubblico stamattina alle 10, in via Marconi 43 a Santa Lucia di Piave.
Angela Pederiva
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Il Gazzettino