Sanita' C'era una volta la Usl Cadore Regola aurea del commercio ma altrettanto

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Sanita'
C'era una volta
la Usl Cadore

Regola aurea del commercio ma altrettanto valida in Sanità: se aumenti l'offerta dei servizi, aumenti anche la domanda. È vero anche il contrario: se contrai l'offerta cade anche la domanda. Parliamo di servizi sanitari offerti al pubblico. La domanda di salute da parte dei cittadini costa sempre di più per le casse pubbliche per svariate ragioni: aumento delle persone anziane con le cronicità tipiche della terza età, costo della diagnostica sempre più complessa e delle terapie innovative sempre più costose. In ogni ospedale, anche periferico, deve esserci lo standard minimo per la diagnostica, laboratorio, tac e annessi con costi notevoli. Contenere la spesa pubblica significa fare un lavoro di potatura, tagliare sempre più rami periferici e dispendiosi per la pianta per dare più risorse al tronco. Immaginate il Cadore come un vasto territorio di rami periferici con un tronco unico a Belluno. Così, le varie amministrazioni hanno visto per anni la pianta. Quando qualcuno, dall'alto, ha deciso di far quadrare i conti, è incominciata la stagione della potatura. Innanzitutto, via la Usl periferica in Cadore. Prima sforbiciata, poi via i reparti del inutile ospedale di Auronzo. Proseguendo, il giardiniere ha messo gli occhi su Cortina. Qui, la sforbiciata è stata più cauta per non incorrere nelle ire della Perla, gestione mista del Codivilla per poi defilarsi e lasciare il carrozzone nelle mani del privato che lentamente ne farà una beauty che rende molto di più. Proseguendo, il giardiniere sfalcia pediatria e ginecologia a Pieve, tanto non ci sono nascite che le teniamo a fare? E non vogliamo tagliare quella fastidiosissima psichiatria che non ha personale, tenuta in piedi solo da quel primario, dott. Candeago che si è trascinato fino alla pensione, sconosciuto ai suoi famigliari perché dormiva in ospedale con turni non stop? E una bella sforbiciata alla chirurgia di Pieve non vogliamo farla? Tanto, i maggiori interventi si fanno a Belluno che senso ha tenere le sale operatorie in funzione a Pieve che costano un sacco?...Il giardiniere si è fatto un po' prendere la mano e aveva messo gli occhi anche sulla Centrale Suem 118. Sforbiciatina anche lì e la trasferiamo a Belluno, solo la ferma opposizione del compianto dott. Costola, storico primario Suem e dei suoi successori ha scongiurato la sforbiciata finale, quella che avrebbe messo in ginocchio il soccorso in Cadore. C'è un limite nella contrazione dell'offerta dei servizi oltre il quale le cose non funzionano più, il livello diventa talmente basso che gli utenti entrano in conflitto con la struttura come dimostrano i fatti di cronaca in cui ci scappa il morto o si viene alle mani in ospedale tra medici, infermieri e utenti. Il punto di rottura. C'è un errore di fondo in tutta questa storia: il Cadore non è e non può essere una appendice di Belluno. Grave errore politico considerare questa montagna come la chioma di un albero con radici a Belluno. La tipologia montana, la viabilità critica, il clima, la dispersione della popolazione in tanti piccoli centri abitati sparsi, fanno del Cadore una regione a sé che ha estremamente bisogno di servizi locali e di un ospedale centrale adeguato a Pieve di Cadore. Non si può pensare allo spostamento continuo dei suoi abitanti verso servizi ospedalieri distanti sessanta chilometri. Un malato che abita a Vittorio Veneto, nel raggio di appena dieci chilometri trova gli ospedali di Vittorio, Oderzo, Motta, Conegliano e Treviso, perché in Cadore lo stesso malato deve sfidare il traffico dell'Alemagna per sessanta chilometri? Bisogna aggiungere che nel tempo i sindaci del Cadore si sono lasciati portare via tutto ma non è difficile pensare che questi amministratori di piccoli centri con nemmeno mille residenti devono combattere con tutto, dalla burocrazia alla mancanza di fondi che rende problematico anche l'acquisto di carta igienica per il comune. Tuttavia, si perdono servizi, opportunità, lavoro, bellezza e, alla fine, la gente molla e abbandona la montagna. Smettiamola di guardare questa montagna come il luna park dei vip e dei giochi invernali. È strano, ma qui ci sono persone residenti che qualche volta sciano ma spesso lavorano e qui ci abitano. È un diritto, non un lusso.
Enzo Bozza
medico di base
Vodo di Cadore
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Il Gazzettino