Ricostruzione, da rifare i conti della manovra

Ricostruzione, da rifare i conti della manovra
Le grandi cifre della manovra non cambiano. L'emergenza terremoto impone certo al governo di predisporre nelle tabelle della legge di Bilancio, le cifre destinate alla...

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Le grandi cifre della manovra non cambiano. L'emergenza terremoto impone certo al governo di predisporre nelle tabelle della legge di Bilancio, le cifre destinate alla ricostruzione per l'anno 2017, dopo i primissimi fondi che il governo sta già rendendo disponibili. Ed allo stesso tempo spinge a cercare ulteriori risorse da destinare alla prevenzione anti-sismica sotto forma di detrazioni fiscali, sul modello dell'ecobonus. Ma i maggiori nodi ancora da sciogliere riguardano il quadro macro-economico che servirà da base per le decisioni finanziarie, in un contesto di indebolimento della ripresa e di eventuali ulteriori margini di manovra da concordare con Bruxelles.

Al centro c'è il tema della competitività delle imprese. Fermo restando il calo dell'aliquota Ires dal 27,5% al 24% che scatterà dal prossimo anno - finanziato nella precedente legge di Stabilità, il governo punta a prolungare e rafforzare misure che hanno già funzionato, come il super-ammortamento (140 per cento) per gli investimenti e la detassazione dei premi di produttività. Per rimpiazzare gli incentivi della decontribuzione (i cui effetti in termini di assunzioni si sono affievoliti insieme all'intensità dello sgravio) è in pista ormai da tempo l'idea di una riduzione strutturale di alcuni punti delle aliquote contributive, per la generalità dei lavoratori e non solo per i neoassunti: riduzione che renderebbe più leggero il cuneo fiscale complessivo ma andrebbe almeno in parte fiscalizzata per non compromettere le pensioni future. Molto più debole appare l'ipotesi di un intervento sull'Irpef in anticipo rispetto al 2018. Altro intervento certo è quello che prevede il rafforzamento degli sgravi alla contrattazione di secondo livello. L'aliquota del 10% applicata a premi di produzione e welfare aziendale, sarà rivista alzando le attuali soglie. Si passerà dai 50 mila a circa 80 mila euro di reddito per ricomprendere anche i manager, e l'importo massimo annuo agevolabile raddoppierà da duemila a quattromila euro. Si tratta di una misura che costerà circa un miliardo di euro, ma che è ritenuta fondamentale dal governo per poter contrattare la flessibilità con la Commissione europea. Sul tema dell'ecobonus allargato alla prevenzione antisismica, intanto, il lavoro va avanti. «Non c'è dubbio», spiega il vice ministro dell'Economia Enrico Morando, «che un intervento vero per il risparmio energetico abbinato ad un intervento vero di adeguamento antisismsico degli immobili, permette di ottimizzare i costi. Il nodo fondamentale», aggiunge, «è trovare soggetti che abbiano le capacità finanziarie e tecniche per realizzare il progetto». In questo senso un ruolo potrebbe averlo la Cassa Depositi e Prestiti, che verrebbe chiamata a fornire il capitale necessario alle Esco, le società di scopo che poi dovrebbero realizzare gli interventi.

L'altro grande capitolo è quello previdenziale, con il prestito pensionistico e le misure a favore dei trattamenti più bassi, che però a questo punto potrebbe essere un po' più leggero. Naturalmente c'è poi da mantenere l'impegno a cancellare le residue clausole di salvaguardia che farebbero scattare aumenti di indirette e vanno finanziate come ogni anno una serie di spese irrinunciabili. L'entità complessiva della manovra dipenderà da due variabili: il livello del deficit tendenziale, connesso anche all'andamento dell'economia (in primavera era stimato all'1,4% del Pil) e l'obiettivo sempre in termini di disavanzo che il governo vorrà porsi a fronte degli impegni europei. Sarà certo più alto dell'1,8% già concordato, resta da capire da quanto.
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Il Gazzettino