Restano le distanze sui soldi Tria cerca una mediazione

Restano le distanze sui soldi Tria cerca una mediazione
L'ANALISI ROMA Come in una corsa ad ostacoli, Giuseppe Conte, archiviata la questione della scuola, guarda al prossimo scoglio da superare. L'intoppo che ha davanti, e al quale...

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L'ANALISI
ROMA Come in una corsa ad ostacoli, Giuseppe Conte, archiviata la questione della scuola, guarda al prossimo scoglio da superare. L'intoppo che ha davanti, e al quale deve rapidamente trovare una soluzione, riguarda il finanziamento delle funzioni che Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, chiedono di poter avocare a sé.

La verità è che la questione dei soldi è quella principale sul tappeto. Lo ha ricordato nemmeno ventiquattro ore fa il ministro degli Affari Regionali Erika Stefani. Senza l'autonomia finanziaria, ha detto, il regionalismo differenziato non esiste. Su questo, insomma, si gioca la battaglia campale. Ma Conte almeno un punto a suo favore, o meglio a favore delle posizioni dei Cinquestelle, lo ha segnato. I governatori volevano che gli insegnanti, i presidi, e il personale amministrativo, diventassero dipendenti delle Regioni.
BATTAGLIA SULL'EXTRAGETTITO
In questo modo il ministero dell'Istruzione avrebbe dovuto trasferire agli assessorati la titolarità delle risorse necessarie a pagare i loro stipendi. Circa 200 mila dipendenti pubblici, in questo modo, sarebbero passati dallo Stato alle tre Regioni. Luca Zaia e Attilio Fontana, avrebbero messo le mani su quasi 9 miliardi di spesa pubblica. Ma il punto vero è un alto. È il meccanismo attraverso il quale avrebbero ottenuto queste risorse. Lo Stato non avrebbe trasferito soldi, ma avrebbe ceduto una quota di una tassa: l'Irpef o l'IVA.
Proprio qui sta il punto, il nodo che dovrà essere sciolto domani. Se, per ipotesi, lo Stato cedesse due decimi di IVA alla Lombardia e al Veneto per finanziare le funzioni trasferite, cosa accadrebbe se l'anno successivo il gettito IVA dovesse aumentare? A chi andrebbe questo gettito extra? Allo Stato o alle Regioni?
La risposta di Zaia e Fontana è che questi soldi in più devono rimanere nella loro disponibilità. La risposta del Movimento Cinque Stelle, è che devono finire in un fondo di perequazione da distribuire alle Regioni che non dispongono di abbastanza risorse per finanziare dei servizi ai cittadini pari almeno a un livello minimo considerato adeguato per tutti gli italiani.
Zaia e Fontana da settimane si sgolano per dire che non vogliono questo meccanismo di solidarietà, perché la loro efficienza andrebbe a finanziare l'inefficienza delle regioni meridionali.
VINCERE FACILE?
La domanda resta però un'altra. Che accordo è possibile sulla complessa questione dell'extra gettito. Il compromesso al quale lavora il Tesoro, prevede la creazione di un fondo di perequazione nel quale far confluire soltanto una parte del gettito extra, quella che supera l'aumento della spesa delle funzioni trasferite alle Regioni legata alla dinamica del Pil.
L'extragettito oltre questa soglia, finirebbe nel fondo di perequazione. Che, comunque, la Lega, vorrebbe che fosse poi ripartito tra tutte le Regioni e non solo quelle del Sud. Per i governatori, che nella campagna referendaria hanno cavalcato il tema del surplus fiscale da trattenere sui territori, si tratta di un rospo grosso da ingoiare.

Del resto le bozze predisposte d'intesa con il ministro Stefani, prevedevano una sorta di asso piglia tutto. Non solo il gettito extra era previsto che sarebbe rimasto a disposizione dei governatori, ma anche che in caso di riduzione delle entrate, lo Stato avrebbe dovuto riconoscere delle compensazioni. Come diceva una fortunata pubblicità, a Zaia e Fontana sarebbe piaciuto vincere facile.
Andrea Bassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino