Renzi avverte Bruxelles: la manovra non si tocca

Renzi avverte Bruxelles: la manovra non si tocca
«Un vertice di routine. Qualche promessa in più sui migranti, ma vedremo a dicembre». Quando, poco dopo le due del pomeriggio Matteo Renzi si presenta in sala stampa ha l'aria...

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«Un vertice di routine. Qualche promessa in più sui migranti, ma vedremo a dicembre». Quando, poco dopo le due del pomeriggio Matteo Renzi si presenta in sala stampa ha l'aria annoiata sapendo forse che di lì a poco la maggior parte delle domande sarebbero state sulla legge di Bilancio e sui possibili rimbrotti della Commissione. Argomento non trattato nella due giorni di Consiglio Europeo, tantomeno in presunti bilaterali, ma che continua ad interrogare parte degli addetti ai lavori. È forse anche per questo che l'ora e mezza di incontro con i giornalisti si trasforma in una sorta di lezione impartita dal premier su come questo governo intenda il rapporto con Bruxelles.

Il ragionamento parte da un assunto già spiegato in mattinata nel corso dell'intervista rilasciata a radio Rtl: «La legge di bilancio non si cambia: se l'Ue avrà osservazioni da fare ascolteremo ma questa manovra ha il deficit più basso degli ultimi dieci anni: gli sforzi li stiamo facendo e vogliamo dare un segnale ai cittadini non alle tecnocrazie di Bruxelles».
Liquidata l'attesa di richieste per possibili correzioni, Matteo Renzi parte poi all'attacco bollando come «un'analisi suggestiva», l'ipotesi di una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia e attaccando frontalmente Berlino: «Credo che il bilancio della Germania abbia molti problemi, a cominciare da un surplus commerciale che non rispetta le regole europee e spero che i nostri amici possano provvedere al riequilibrio». Senza contare, aggiunge parlando di migranti, che «una procedura d'infrazione andrebbe aperta per quei paesi che non rispettano l'accordo di relocation dei richiedenti asilo».
Renzi non intende quindi arretrare sulle voci di spesa straordinarie. Ricorda che l'Italia ha avuto «tre terremoti in sette anni» e che le spese per fronteggiare l'emergenza migranti devono stare fuori dal patto perché anche il denaro dato alla Turchia per tenersi i profughi non viene conteggiato.
«L'Italia a testa alta - spiega - non è una postura muscolare, ma penso che sia ciò che serve all'Europa. Se lo avessimo fatto anche negli anni passati, sarebbe stato meglio».

«L'Italia - continua - non può arrivare qua e ratificare altrui decisioni: è questo che ho cercato di dire a Bratislava ed è quello che abbiamo cercato di fare oggi (ieri ndr) su alcuni punti, ma non in una logica di scontro, perché io ho grandissima stima dei nostri amici tedeschi, a cominciare dalla Cancelliera ma questo non significa che io non debba dire, quando non sono d'accordo, che non sono d'accordo». Bruxelles può dire ciò che vuole, ma «io non sono qui in viaggio premio - continua dal palchetto - rappresento l'Italia, la seconda manifattura di questo Continente, il terzo contributore del bilancio europeo. Noi tutte le volte che veniamo qui, in un anno mettiamo quasi venti miliardi sul tavolo, e ne riprendiamo dodici». Nessuna genuflessione, nessuna sudditanza nei confronti della burocrazia europea, perché «l'Italia non è un Paese che viene in Europa a farsi spiegare che cosa deve dire e che cosa deve fare».
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Il Gazzettino