Nelle parole di Maria Elena Boschi «non vedo gaffe. Quella dell'Anpi è una posizione del tutto legittima e al suo interno ci sono i veri partigiani che voteranno sì e quelli...
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Scontratasi con il no dell'Anpi, Maria Elena Boschi, trova conforto nell'appoggio promesso al suo Ddl da Legautonomie nel convegno dei 100 anni della sua fondazione. Rispondendo al presidente Marco Filippeschi, il ministro delle Riforme, «lieta del supporto di tanti sindaci e amministratori locali e regionali», osserva che «dopo il referendum si aprirà una fase in cui dovremo ridisegnare i rapporti tra Stato e Enti locali. Mentre il nuovo Senato sarà un'importante cerniera anche rispetto alla Ue: porterà nel cuore dello Stato la voce degli Enti locali». Anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, definisce «senza senso la polemica per il sostegno dell'Anpi al no», dal momento che «ci sono molti iscritti, tra cui alcuni che hanno combattuto la lotta partigiana contro il nazifascismo, che ritengono di votare sì. Questo è il bello della democrazia, il senso più profondo di un dibattito libero e autonomo».
Non arretra però Pier Luigi Bersani che sottolinea come «Maria Elena ha offeso tanti partigiani e anziani». Le argomentazioni renziane non convincono affatto neanche il presidente dell'Anpi, e membro della Resistenza, Carlo Smuraglia che, anzi, le considera delle «autentiche provocazioni» a cui non intende più rispondere. Smuraglia ribadisce invece le ragioni del suo no: «Questa riforma toglie ai cittadini, da un lato, la rappresentanza di una delle due Camere e, dall'altro, toglie loro la facoltà di scegliere liberamente i candidati da eleggere. E' il nostro Statuto di ente morale - conclude Smuraglia - che ci impone di difendere la Costituzione». Parole, quelle del presidente dell'Anpi, che mandano in bestia Giorgio Napolitano: «Ci vuole libertà per tutti, ma nessuno però - sostiene l'ex capo dello Stato - può dire: "Io difendo la Costituzione votando no e gli altri non lo fanno". Questo offende anche me. Mi reca un'offesa profonda». Napolitano aggiunge che su questo terreno «serve grande sobrietà e un po' più di pacatezza e obiettività. Si discuta del merito della riforma, che è importante, anzi, necessaria per l'Italia». Ma sul presidente emerito si concentra il fuoco di vari esponenti del centrodestra. Per Renato Brunetta «Napolitano può offendersi quanto vuole. La riforma Renzi-Boschi distrugge la Costituzione e chi voterà sì sarà complice di questo scempio». A fare a gara con Brunetta per durezza di linguaggio è Matteo Salvini, affermando: «Napolitano è il padre adottivo di Renzi. Abbia il pudore di tacere perché questa riforma che fa schifo è figlia sua». A non tacere è invece, e decisamente in opposta direzione, è un gruppo di accademici, giuristi, costituzionalisti che hanno presentato il Manifesto per il sì. In calce, 184 firme: tra le altre, quelle dei professori Ceccanti, Tabellini, Panebianco, Salvati, Treu, Vassallo e Bassanini.
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Il Gazzettino