Rabbia, sconforto e tanta amarezza «I burocrati non conoscono la città»

Rabbia, sconforto e tanta amarezza «I burocrati non conoscono la città»
COMMERCIOVENEZIA Sconforto, amarezza, rabbia. Tra i negozianti del sestiere di Cannaregio, il giorno dopo l'inatteso picco di marea che ha raggiunto i 138 cm, aleggiano sentimenti...

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VENEZIA Sconforto, amarezza, rabbia. Tra i negozianti del sestiere di Cannaregio, il giorno dopo l'inatteso picco di marea che ha raggiunto i 138 cm, aleggiano sentimenti contrastanti legati ad una situazione che pensavano di non dover più rivivere. Non dopo che il Mose ha fatto la sua parte in più occasioni, tenendo le attività all'asciutto. Che l'acqua avrebbe superato i 125 cm se lo sentivano un po' tutti. Troppo violento il vento, tanto da esser corsi ai ripari il prima possibile, per limitare i danni. «Il nostro negozio è andato sotto di 20 cm, l'acqua è entrata ovunque. Abbiamo avuto danni dice Delio Baoduzzi di Colorama in fondamenta della Misericordia, dove si va sotto con 115 cm per circa 2mila euro, dovuti soprattutto ai due giorni di chiusura forzata. Senza considerare la stanchezza per il molto lavoro da fare prima e dopo la mareggiata. Eravamo sicuri che le misure sarebbero state superiori. La rabbia non è nei confronti del Mose, ma verso una burocrazia che rende la sua gestione complicata. A Venezia si deve poter vivere tranquilli anche d'inverno, senza l'incubo dell'acqua alta». È andata peggio alle attività limitrofe, come A La Vecia Papussa, tipico bar veneziano che martedì ha perso i frigoriferi. Alberto Torcoli è invece titolare del bar Al Parlamento, in fondamenta San Giobbe. «Danni ai macchinari non ne abbiamo avuti, se non il consueto fastidio di una trentina di cm che hanno intaccato muratura e parti in legno del locale. Abbiamo saputo solo in tarda mattinata che il Mose non sarebbe stato attivato, così siamo corsi ai ripari ma in maniera disorganizzata rispetto al solito. Il disagio è stato grande». Una giornata di lavoro persa. «Rincasando, dopo aver ripulito tutto, ho pensato che quello fosse il prezzo da pagare affinché quanto vissuto non capiti più». Merce alzata, paratoia e pompa installate. Un'organizzazione faticosa, tuttavia necessaria per rimanere all'asciutto. Alessandro Zanon, titolare dell'omonimo negozio di calzature in Lista di Spagna, ha vissuto così il giorno dell'Immacolata. «Non ho lavorato, in un periodo già molto critico. Le previsioni diventano sempre più difficili con un clima che cambia rapidamente e non si può alzare il Mose solo premendo un bottone». «La fondamenta Cannaregio, che va sotto con 95 cm, era quasi completamente allagata già dalle 7.30. La giornata lavorativa è stata negativa, con un reso dei quotidiani al 70-80%: oltre al danno la beffa di dover rimanere a vegliare il chiosco, chiuso all'ora di pranzo», commenta Massimo Bonacin, dell'edicola Alle Guglie gestita insieme al socio Alvise Ballarin, sottolineando il proprio disappunto nei confronti «di burocrati che non conoscono la città e che dovrebbero lasciare la gestione del Mose al Comune».

Marta Gasparon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino