Quelle urla sul parapetto: «Sono una persona perbene ma ora non ho più scampo»

Quelle urla sul parapetto: «Sono una persona perbene ma ora non ho più scampo»
IL RACCONTOPESCARA «Sono ormai senza scampo, mi devo buttare». Erano le 19 di ieri quando Fausto Filippone ha pronunciato per sè una sentenza di morte. E dopo un silenzio...

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IL RACCONTO
PESCARA «Sono ormai senza scampo, mi devo buttare». Erano le 19 di ieri quando Fausto Filippone ha pronunciato per sè una sentenza di morte. E dopo un silenzio durato tre quarti d'ora si è lanciato dal viadotto sull'A14, a Francavilla al Mare, mettendo fine alla sua esistenza. A mezzogiorno aveva ucciso la compagna, buttandola giù dalla finestra di casa, e un'ora dopo la figlioletta di 11 anni, che lui stesso ha accompagnato su quel maledetto viadotto tenendola per mano. E l'ha spinta giù.

LA MEDIAZIONE
Vano il tentativo di mediazione condotto dagli specialisti. La dirigente della Polizia stradale, Silvia Conti, il maresciallo dei carabinieri Alessio D'Alfonso esperto negoziatore e lo psichiatra Massimo Di Giannantonio hanno provato per ore a calmarlo per convincerlo a desistere. «Tua moglie è viva» gli hanno detto, sperando che un sussulto emotivo potesse restituirgli uno sprazzo di lucidità. Ma lui niente. «Continuava a chiedere scusa per la bambina ma non per quanto fatto alla moglie». Ed ancora: «Ripeteva con tono ossessivo: Non so come sia potuto succedere a me, sono una persona per bene e certe cose non mi appartengono, segno di un evidente processo di rimozione» ha raccontato il maresciallo negoziatore. «Non ha consentito a nessuno di soccorrere la figlia che giaceva esanime, non avvicinatevi al suo corpo o mi butto giù gridava restando aggrappato alla rete».
Poi il tragico epilogo: «Quando non ha più aperto bocca ho capito che la situazione era senza via d'uscita» ha raccontato ancora il maresciallo Alessio D'Alfonso. Un dramma accompagnato da altri macabri dettagli: prima che il tratto di autostrada fosse chiuso qualche automobilista di passaggio gli ha gridato «buttati» e questo ha complicato non poco il lavoro dei soccorritori.
«Un fatto ineluttabile». Anche lo psichiatra Massimo Di Giannantonio, docente all'Università d'Annunzio di Chieti, condivide la valutazione del maresciallo negoziatore per questa tragica vicenda. «Con Filippone ci siamo parlati a lungo. Non posso dire altro, se non che non è servito a nulla, purtroppo». Una esplosione di follia senza preavviso, a ciel sereno, così il professor Di Giannantonio inquadra la molla assassina che ha spinto Filippone ad agire.
LA DEPRESSIONE

Vittima di una sintomatologia depressiva sviluppata a seguito della perdita della madre, lutto che si era poi sovrapposto a una serie di difficoltà in ambito lavorativo e nelle relazioni sociali. «Una situazione che non risulta sia stata affrontata con terapie farmacologiche e neppure specialistiche» ha osservato lo psichiatra. Ieri Filippone era dunque «entrato in una spirale di morte, di violenza e di angoscia autodistruttiva - ha commentato infine Di Giannantonio -. Ha preparato tutto con lucidità: ha fermato l'auto in quel punto e ha accompagnato per mano la figlioletta incontro alla morte. La sua decisione di finirla ha dunque l'ineluttabilità della dinamica irreversibile del suicida».
Paolo Vercesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino