Quel titolo, Misericordia, ci chiama tutti in causa. Tanto più adesso che siamo ancora ostaggi del virus, «con la gente che si è incattivita, irrigidita. Sento tanta rabbia,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Come è nato Misericordia?
«Avevo bisogno di parlare di maternità. Forse perché sono diventata madre in tarda età di un figlio adottivo, e questa esperienza mi ha cambiato la vita. Poi il lavoro ha preso corpo con l'improvvisazione, con gli attori, ma soprattutto con il danzatore Simone Zambelli, straordinario, che ne è diventato il centro pulsante».
Una storia al limite.
«Una famiglia povera che vive in una stamberga. Eppure, anche se non si tratta di legami di sangue, tutti si sono organizzati come una famiglia, amorevole al suo interno. Tra le tre donne c'è grande rispetto. Si prendono cura di questo figlio menomato. Anche io ho un bambino, l'ho adottato 5 anni fa: arriva da una situazione difficile, un orfanotrofio russo, una madre alcolizzata che durante la gravidanza si drogava. Lo spettacolo gira attorno ad Arturo, il ragazzo difettoso».
C'è un'assonanza con la fiaba di Pinocchio.
«Il bambino nasce difettoso grazie ai pugni del padre: è come se nascesse legnificato. Nella storia il padre viene soprannominato Geppetto perchè ha una segheria. Di qui l'assonanza con Collodi: ho pensato che Pinocchio potesse essere un personaggio interessante da associare a un bambino che nasce dalla violenza. Pinocchio nella sua vita compie un percorso per diventare un bambino. Comincia la sua vita quando si sveglia bambino grazie al dono della fata. Prima era un non essere. Così anche Arturo».
Misericordia, parola antica e bellissima e poco usata oggi.
«Il titolo per me è importantissimo perchè racconta già tutto. E Misericordia, inteso in senso laico, è bellissimo ed evocativo, perché contiene due cose, la miseria e il cuore. Sono elementi che possono stare insieme, generando qualcosa di straordinario».
Misericordia che manca tra di noi?
«C'è poco, si è quasi estinta, soprattutto adesso con la pandemia. La gente si è incattivita. Avverti che gli altri sono un pericolo, perchè invadono il tuo campo di azione».
Lei da sempre mette in relazione il mondo dentro con il fuori.
«Nelle mie storie ci sono sempre una casa, un interno, l'intimità: poi si deve mettere tutto in relazione con l'esterno. E qui sorgono i problemi, perchè la gente, gli altri non sono disposti ad accettare la diversità».
Dopo Via Castellana Bandiera e Le sorelle Macaluso tornerà ancora a dirigere un film?
«Sì, lo sto scrivendo, ed è tratto da Misericordia. Penso di iniziare a girare la prossima primavera».
Il teatro all'epoca del covid in Italia...
«Sono reduce da Avignone, un miraggio: ho rivisto le file d'attesa, gli spettatori, le code. Ho pensato: forse siamo importanti per la comunità, la gente vuole il teatro. Non è una cosa secondaria come ci hanno fatto pensare in Italia. È un bisogno primario. Ma da noi non l'hanno capito».
Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino