Prove di accordo: campi in Libia per frenare i flussi

Prove di accordo: campi in Libia per frenare i flussi
ROMA - Le prime dieci motovedette verranno consegnate entro tre mesi, mentre i barconi dei migranti saranno fermati già nelle acque territoriali e riportati in Libia, dove...

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ROMA - Le prime dieci motovedette verranno consegnate entro tre mesi, mentre i barconi dei migranti saranno fermati già nelle acque territoriali e riportati in Libia, dove verranno allestiti campi di accoglienza. L'accordo tra l'Italia e il paese africano, dal quale proviene il 90% dell'ondata migratoria, entra nella fase operativa. L'obiettivo è realizzare un'intesa analoga a quella avviata tra l'Europa e la Turchia, che ha fermato i flussi provenienti dai paesi dell'Est. Ma il lavoro non sarà facile. La situazione politica in Libia diventa ogni giorno più difficile da controllare, sebbene ieri all'incontro con i ministri dell'Interno europei abbia partecipato anche il premier Fayez al Serraj. E' stata una visita breve la sua, a Tripoli si respira un'aria pessima, con il generale Khalifa Belqasim Haftar, ex ufficiale di Gheddafi che controlla Tobruk e rinnega il ruolo di Sarraj, sostenuto da un amico potente come la Russia. Ieri, i lavori del Gruppo di contatto sul Mediterraneo centrale al quale hanno presenziato i ministri dell'Interno europei, si sono conclusi a Roma, con «una dichiarazione di intenti». Sette i paesi presenti: Italia, Austria, Francia, Germania, Malta, Slovenia e Svizzera. Due gli africani: Libia e Tunisia, mentre l'Algeria si è sfilata all'ultimo momento. Presenti anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ed il premier libico Fayez al Serraj. Ma è una sfida ricca di incognite, al di là della volenterosa «dichiarazione d'intenti» sottoscritta dai partecipanti.

ACCORDO CON TRIPOLI
Lo scorso 2 febbraio Gentiloni e Serraj hanno firmato un Memorandum of understanding che il giorno dopo è stato fatto proprio dalla Commissione Europea. Per ora non ci sono stati effetti sulle partenze verso l'Italia, quest'anno già sopra quota 20mila (contro le 13mila dello stesso periodo del 2016, l'anno record). Gli accordi sono stati fatti col Governo di accordo nazionale di Serraj, riconosciuto dall'Onu, ma privo di una reale autorità nel Paese, diviso tra milizie ed etnie belligeranti. Scenario ideale per i trafficanti di uomini che gestiscono un business milionario.
GENTILONI E L'EUROPA
E, a rendere l'idea della precarietà della situazione in Libia, il viaggio di Serraj in Italia è stato in forse fino all'ultimo momento a causa degli scontri in atto a Tripoli. Il premier poi è arrivato a Roma ed è stato ricevuto a Palazzo Chigi da Gentiloni, prima di partecipare alla riunione del Gruppo di contatto. Al termine Gentiloni non ha sparso illusioni. Il fenomeno dei flussi migratori, ha detto, «non si esaurirà d'incanto dall'oggi al domani. Chi promette miracoli rischia di confondere la nostra opinione pubblica». Serve invece «un lavoro di lungo periodo» e «l'Ue deve insieme farsi carico dell'impegno sia dell'accoglienza di chi ha diritto sia del rimpatrio per chi non ha diritto, non solo la geografia decide chi si impegna».
LE MOTOVEDETTE

Sul breve termine il ministro Marco Minniti ha assicurato che la Guardia Costiera libica sarà presto in grado di mettere in mare le dieci motovedette che saranno restituite dall'Italia (4 attualmente in riparazione in un cantiere e 6 in Tunisia). «Entro la fine di aprile o i primi 15 giorni di maggio - ha spiegato - verranno restituiti alla Libia i primi mezzi. Novanta marinai della Guardia costiera libica si sono addestrati a bordo della nave San Giorgio e ora sono all'ultimo step della loro formazione. Quando saranno pronti consegneremo le prime motovedette». L'auspicio è che gradualmente queste imbarcazioni e gli altri equipaggiamenti che saranno consegnati a Tripoli riescano a frenare i flussi.
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Il Gazzettino