Pordenone shock: la notte del terrore

Pordenone shock: la notte del terrore
Non era Bruxelles, non era il sobborgo-ghetto di Molenbeek. Era...

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Non era Bruxelles, non era il sobborgo-ghetto di Molenbeek. Era Pordenone, quartiere di Roraigrande, in una notte con il nervo scoperto. Il capoluogo del Friuli Occidentale come le piazze calde d'Europa, in un'epoca di minaccia globale che non tocca solo i gangli centrali, le enclavi musulmane delle grandi città, i punti di interesse che figurano sulle agende dell'antiterrorismo già dall'11 settembre. Questa volta la paura ha fatto tappa in provincia, in una stradina (via Palladio) abituata a dormire e lavorare, non certo a trovarsi di fronte ad una nottata da film. Però non c'era nessuna pellicola, nessun attore. Era tutto vero, a Pordenone si cercava Salah Abdeslam, il target numero uno delle polizie di mezzo mondo. Ed è scattato quel protocollo messo a punto dopo l'11 settembre 2001, mai visto in dispiegamento dalla popolazione, per questo atterrita e inerme di fronte alla cronaca nella sua forma più sincopata. Due ore di terrore, quelle vissute dalla città giovedì sera. Velocissime e lentissime allo stesso tempo. La luce dell'elicottero a ricercare eventuali fuggitivi, i carabinieri in forze a circondare la palazzina di via Palladio, la strada transennata e il tam-tam che tra Facebook e la piazza reale decuplica la paura che anche Pordenone potesse diventare il teatro del terrore globale. Ma il blitz condotto dai carabinieri, con unità cinofile anti-esplosivo e diverse pattuglie, non è nato nella serata di giovedì. È nato da una segnalazione, arrivata all'orecchio dei militari dell'Arma già martedì. «Ho visto Salah» ha riferito una cittadina di via Palladio. Da quel momento la macchina dell'antiterrorismo si è messa in moto. Appostamenti sotto copertura, monitoraggio continuo di un quartiere, quello di Roraigrande, in cui cittadini italiani e mescolanze straniere convivono da tempo. Così i carabinieri hanno messo a punto l'azione coordinata di giovedì sera. Volevano raccogliere quanti più elementi possibile per giungere a una decisione che a Pordenone non aveva precedenti. Giovedì mattina la decisione di entrare in azione, poche ore dopo la corsa verso via Palladio e l'assalto alla palazzina, con gli inquilini dei 20 appartamenti costretti a rimanere nelle loro cantine. «Cercavano armi - riferisce Claudio Murlo, inquilino del primo piano - mi hanno chiesto se ne avessi in casa. Siamo stati paralizzati dalla paura». «Pensavano che in casa mia si nascondesse Salah, il terrorista di Parigi» è invece il racconto di Abdullah, marocchino che vive all'interno 11 della palazzina di via Palladio. Un altra pista porta alla ricerca di un'eventuale reclutatore collegato allo Stato Islamico, che si sarebbe potuto trovare ospite di un inquilino della palazzina. Non veniva scartata nemmeno questa ipotesi, così come non impossibile veniva ritenuta la presenza di Salah Abdeslam. In una città, Pordenone, che ospitò - al centro islamico - anche Bilal Bosnic, il reclutatore bosniaco dell'Isis. In una città, Pordenone, che ieri si è risvegliata ancora sotto shock.

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Il Gazzettino