Pop Vicenza, piano da rifare Il cda: obiettivi più ambiziosi

Pop Vicenza, piano da rifare Il cda: obiettivi più ambiziosi
ROMA - Punto e a capo. Francesco Iorio deve riscrivere il piano industriale al 2020 della Popolare di Vicenza. Il consiglio presieduto da Gianni Mion ieri, dopo otto ore di accesa...

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ROMA - Punto e a capo. Francesco Iorio deve riscrivere il piano industriale al 2020 della Popolare di Vicenza. Il consiglio presieduto da Gianni Mion ieri, dopo otto ore di accesa discussione, avrebbe ribaltato l'impostazione con l'obiettivo di rendere il business plan più aggressivo. La bozza esaminata prevedeva il ritorno all'utile solo al termine del periodo e con dimensioni modeste (100-120 milioni).

Tutto da rifare per l'ad che sta stendendo il documento assieme a Boston consulting group. Se ne riparlerà alla prossima riunione del board fissata per mercoledì 12 ottobre. Nel frattempo il cda ha concordato con Iorio di scegliere per gli npl una società specializzata. Oltre Fonspa che ha un accordo a tutto tondo con Atlante, potrebbe essere contattato Italfondiario, controllato da doBank (gruppo Fortress). A fine giugno i crediti deteriorati lordi erano 9,3 miliardi con un livello di copertura del 44,79% e un'incidenza sugli impieghi che sale al 22,2%. Le sofferenze nette ammontavano a 1,8 miliardi ed erano pari all'8% rispetto ai crediti.
Ma il vero cavallo di battaglia per rilanciare Bpvi è il piano di rilancio basato su ricavi e costi. Il consiglio d'amministrazioner ha ritenuto che l'azione sui ricavi sarebbe troppo poco ambiziosa mentre la riduzione dei costi poco efficace.
In particolare Niccolò Abriani e Luigi Arturo Bianchi avrebbero incalzato il management, affiancati da altri consiglieri. Iorio vede problematica la ripresa della raccolta per gli strascichi reputazionali. Tra i tagli c'è un capitolo delicato relativo agli esuberi sui quali a breve si aprirà il confronto con i sindacati. Il rapporto cost/income oggi è al 90% e dovrà scendere al 50%: le eccedenze potrebbero oscillare tra 1.500-2 mila unità su 5 mila dipendenti. L'altro tasto su cui battere sono gli stipendi del top management: devono essere sforbiciati.
r. dim.

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Il Gazzettino