Pop Bari, salvataggio ok arrivano 900 milioni Gelo di M5S e Italia Viva

Pop Bari, salvataggio ok arrivano 900 milioni Gelo di M5S e Italia Viva
LA GIORNATA ROMA Il salvataggio della Popolare di Bari è arrivato ieri notte, con 48 ore di ritardo rispetto al Consiglio dei ministri convocato e poi fallito venerdì, ma pur...

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LA GIORNATA
ROMA Il salvataggio della Popolare di Bari è arrivato ieri notte, con 48 ore di ritardo rispetto al Consiglio dei ministri convocato e poi fallito venerdì, ma pur sempre prima dell'apertura dei mercati. Ignorando il polverone sollevato da renziani e pentastellati nella maggioranza e da Salvini dall'Opposizione, Giuseppe Conte ha riconvocato ieri sera i ministri per approvare quel decreto che stanzia «fino a 900 milioni» per la Banca Popolare di Bari che era stato stoppato venerdì da Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Tecnicamente i soldi arriveranno a Invitalia che li girerà al Mediocredito che potrà acquistare azioni della Popolare ricapitalizzandola, altro denaro dovrebbe arrivare all'istituto pugliese dal Fondo Interbancario, cioè da tutte le altre banche italiane. Da questa operazione nasce di fatto il nucleo di una Banca del Sud: i 900 milioni, per i quali il ministero dell'Economia attinge ad un proprio apposito fondo già finanziato, potrebbero non essere tutti impegnati nel capitale della Popolare di Bari e quindi usati poi per successive operazioni. Dopo il commissariamento da parte di Bankitalia di una Banca che era assai chiacchierata da anni non c'era altro da fare che lanciare una ciambella di salvataggio per evitare una corsa agli sportelli che avrebbe fatto esplodere la banca pugliese.Ma questo non impedisce a Italia Viva e Cinque Stelle di polemizzare per tutta la giornata prima di presentarsi in Consiglio dei ministri. Il gioco è chiaro: né Renzi né Di Maio depongono le armi retoriche e entrambi i partiti coprono così il loro sì al decreto, un fatto, dietro montagne di polemiche anche a costo di indebolire ulteriormente il governo.

GLI SLOGAN
Non a caso nel clima di tensione si inserisce agevolmente Matteo Salvini che in serata dagli schermi televisivi spara uno slogan dopo l'altro. Bankitalia? «Non ha vigilato, va riformata». I salvataggi? «L'ultimo che può dare lezioni è Renzi». Però, per non avere sorprese, questa volta Palazzo Chigi ha distribuito il testo del decreto ai rappresentanti dei partiti molte ore prima del Cdm, convocato alle 21. «Venerdì scorso Palazzo Chigi ha usato un metodo frettoloso», ha ribadito ieri la renziana Teresa Bellanova, ministro dell'Agricoltura. «Stasera chiudiamo», assicura Conte dopo aver assistito con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al concerto di Natale al Senato. Poi, con parole rassicuranti per i cittadini e la maggioranza, spiega: «Tuteleremo i risparmiatori e non concederemo nulla ai responsabili di quella situazione critica, auspichiamo anzi azioni di responsabilità a loro carico». Di più: «È in gioco un tessuto produttivo in sofferenza. Faremo di necessità virtù: rilanceremo quella che potrebbe essere la più importante banca del Sud».
Iv e M5s però alzano i toni su ogni dettaglio. Di Maio chiede di «nazionalizzare» la banca, dopo l'intervento pubblico. E torna a chiedere di portare in Cdm «i nomi dei prenditori vicini alla politica che hanno preso soldi e non li hanno restituiti».
Il Movimento si scaglia anche contro Bankitalia, Di Maio rilancia la Commissione d'inchiesta sulle banche e chiede di avere i verbali delle ispezioni per sapere se ci siano stati «omessi controlli». Il senatore M5S Gianluigi Paragone, da sempre critico sullo «strapotere della finanza» afferma che la Banca d'Italia ha sbagliato ad autorizzare l'acquisizione della banca spagnola Tercas da parte della Popolare di Bari.
Nelle stesse ore i renziani, pur accettando di sedersi allo stesso Cdm che venerdì avevano disertato, fanno le pulci anche al titolo del decreto per il salvataggio: «Si parla di misure per realizzare una banca d'investimento - manco fossimo a Wall Street - mentre si sta ricapitalizzando la Pop di Bari. L'ossessione degli slogan deborda pure nei titoli». «Siamo passati dalla «merchant bank dove non si parla inglese» dei tempi di D'Alema, alla investment bank», ironizza il renziano Luigi Marattin.

Alle polemiche assiste in silenzio un Pd nervoso che da tempo chiede una maggiore coesione della maggioranza. Domani alle 19, dopo il voto sulla manovra al Senato, è previsto un vertice a Palazzo Chigi per sciogliere i nodi giustizia e autonomia. Non sarà una passeggiata.
Diodato Pirone
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Il Gazzettino