Plebani: «Doveva informare anche noi, brutto segno»

Plebani: «Doveva informare anche noi, brutto segno»
LE REAZIONI PADOVA «Non ne so niente. Forse non è molto, gli inglesi...

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LE REAZIONI

PADOVA «Non ne so niente. Forse non è molto, gli inglesi direbbero fair, corretto, presentarlo ai giornalisti visto che c'era un dibattito in corso. Diciamo poco elegante: potevamo vederlo anche noi questo progetto, parlarne insieme prima di renderlo pubblico. La mancanza di una consultazione di minima non è un bel segnale, se si vuole collaborare di solito le cose si fanno in maniera diversa». Dice che gli dispiace, il professor Mario Plebani, presidente della Scuola di Medicina e chirurgia di Padova. «Non ne sapevo nulla di questo progetto: è certamente importante uscire dallo stallo, altrimenti è tutto tempo perso ma abbiamo sempre detto che un conto è parlare di una ristrutturazione dell'esistente e un conto è prevedere una cosa nuova, per la quale bisogna andare fuori. Lo abbiamo ripetuto in tutti i modi - sottolinea Plebani - e, insieme a noi, lo hanno detto i tecnici: non vogliamo un restuaro ma un progetto nuovo per proiettarci nel futuro. Non ci va bene una ristrutturazione, ci va bene un modello di ospedale nuovo, con una funzionalità nuova, che risponda alle esigenze della didattica, della ricerca e dell'assistenza svolte ad elevato livello». Insomma, è sempre stato il ritornello dell'Università, benvenga una struttura che possa ospitare degnamente l'eccellenza della sanità accademica e della sua Scuola medica, consentendo i massimi standard per l'assistenza ai pazienti, la ricerca e la didattica, tre pilastri inscindibili che devono formare il cuore del nuovo nosocomio e assicurare anche l'eccellenza del sistema di cura anche a livello territoriale. L'attività di prim'ordine svolta dall'attuale polo di via Giustiniani avviene in una struttura disegnata secondo principi funzionali oggi superati e necessità di continui interventi di adeguamento e riprostino, invece Padova non solo ha bisogno ma merita un nuovo Ospedale, concepito con la visione e l'organizzazione logistica dei grandi centri internazionali: l'Università la sua linea di pensiero negli ultimi due anni l'ha ribadita sempre tale e quale. Senza tentennamenti o modifiche. Che, tradotto, significa nuovo su vecchio non se ne parla. Anche se al sindaco piace ora parlare di nuovo tout court. Bocche cucite in Rettorato alla notizia che il primo cittadino ieri girava con sottobraccio il progetto planimetrico di massima. A testimonianza che Sergio Giordani rilancia l'ipotesi della sua prima ora, che poi era quella della campagna elettorale: un via Giustiniani bis ma nuovo di zecca e servito dal tram. Un'ipotesi sempre bocciata dai piani alti del Bo, e benedetta da pochi/pochissimi, tra i quali il professor Giampiero Giron, veterano della medicina di casa nostra. «Ho sempre sostenuto che l'ospedale di Padova va rifatto totalmente sì, ma dov'è. La mia domanda è semplice: se l'attuale si sposta, l'area che è per la maggior parte demaniale quindi invendibile, cosa pensate diventerebbe? Una ricca kasba di extracomunitari, sbandati, drogati. Credo che se si vuole avere rispetto dei malati - è sempre stato il mantra del professor Giron - ai malati bisogna dare delle facilitazioni, senza contare l'impatto non indifferente dal punto di vista economico di tutte le attività collegate all'attuale Azienda ospedaliera di via Giustiniani, da tempo collocate là e che si troverebbero improvvisamente dislocate altrove. Cioè, non è uno scherzo spostare un ospedale. Comunque nella mia vita ho visto due ospedali periferizzati: quello di Mestre, mandato a Zelarino, e quello di Ferrara, trasferito a Cona. Due disastri».

Federica Cappellato
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Il Gazzettino