Pestaggio di S. Giacometo, baby gang verso il processo

Pestaggio di S. Giacometo, baby gang verso il processo
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VENEZIA Il giro di vite definitivo era scaturito da lì. La sera del 6 aprile 2018 quattro ragazzi mestrini venivano malmenati ai piedi del ponte di Rialto, in campo San Giacometo, da un branco di ragazzini assetati di violenza. Una delle vittime tornò dall'ospedale con 100 giorni di prognosi. Un'altra raccontò alla squadra Mobile che avevano tentato di cavarle un occhio.

Fu l'apice delle baby gang che tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019 avevano terrorizzato Venezia e Mestre. Ma quell'episodio per il quale il sostituto procuratore Massimo Michelozzi ha chiuso l'inchiesta e si appresa a chiedere il rinvio a giudizio dei principali protagonisti, fu il punto di svolta: un mese e mezzo dopo il blitz della Mobile smantellò i tre gruppi di ragazzi violenti, arrestando o mandando in comunità maggiorenni e minorenni. Ora alla resa dei conti con la magistratura.
A ricevere la chiusura indagini sono stati Catalina Curcumeli, 19 anni, nata in Spagna, ma residente a Spinea; Edoardo Bressan, 18 anni, mestrino, e Janah Othmane, 18 anni, marocchino di origine e residente a Zelarino, già con un obbligo di firma per fatti legati al fenomeno delle baby gang. Per i tre, messi ai domiciliari a metà settembre, le accuse sono, a vario titolo, di minaccia, lesioni aggravate, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, getto pericoloso di cose. Imputazioni che condividono con altri due ragazzi minorenni all'epoca dei fatti, portati in una comunità di recupero come chiesto dalla procura dei Minorenni. Nei loro confronti sarà la procura del tribunale dei Minori a decidere. Verso il processo anche gli altri maggiorenni indagati, tra i quali il diciannovenne Sebastiano Bonzio, ai domiciliari da fine maggio per aver partecipato al pestaggio di un bengalese a Mestre.
L'ordinanza del gip racconta come la serata del branco sia iniziata prima del pestaggio dei quattro giovani. Sul Ponte di Rialto un cingalese viene messo nel mirino dalla baby gang. Gli tirano una bottiglia di vetro, lui scappa e si salva. Poi è la volta delle due coppie di ragazzi. Parte del gruppo - tra cui Edoardo e Catalina - si avvicina a uno dei due e chiede una sigaretta. È il segnale. Un pugno colpisce uno dei giovani al volto. Altri si gettano sulla ragazza: le tirano i capelli, le mettono le dita in un occhio. Quando prova a difenderla, su di lui si abbatte il finimondo: pugni, calci, bottigliate di vetro e frustate con gli steli delle rose, pieni di spine. Dura tutto pochissimo, ma è l'epifania della violenza.

Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino