Paura dell'effetto domino con una nuova

Paura dell'effetto domino con una nuova
Matteo Renzi, esattamente come Pier Carlo Padoan, è «preoccupato». Ed esattamente come il suo ministro dell'Economia, il premier spera che non ci sia alcuna...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Matteo Renzi, esattamente come Pier Carlo Padoan, è «preoccupato». Ed esattamente come il suo ministro dell'Economia, il premier spera che non ci sia alcuna “Grexit”. «La nostra speranza è che Alexis Tsipras, gettando al macero buona parte delle sue promesse elettorali, alla fine si dimostri ragionevole e raggiunga l'accordo con Bruxelles. Mantenendo gli impegni», scandiscono a palazzo Chigi.

L'uscita di Atene dall'euro, per l'Italia si tradurrebbe in un enorme problema. A cominciare dall'aumento del costo di finanziamento del debito, visto che sarebbe scontata una nuova impennata dello spread. E il Belpaese, senza il fanalino di coda greco, si ritroverebbe nelle ultime posizioni con gli speculatori di pronti e morderle i polpacci. «Perché il vero problema dell'eventuale uscita della Grecia dalla moneta unica», teorizza Padoan, «è che renderebbe l'intero sistema più fragile, meno capace di assorbire gli shock: verrebbe affermato che l'euro non è più irreversibile». E un'Eurozona più fragile potrebbe cominciare a sgretolarsi, Paese dopo Paese, con l'Italia probabile bersaglio della speculazione finanziaria. Una scenario da incubo che però, a sentire Renzi e Padoan, non sarebbe la replica del drammatico 2010-11. «Il contagio nel breve periodo non mi preoccupa», sostiene il ministro dell'Economia, «e non mi preoccupa perché ci sono gli interventi in corso della Bce e il Quantitative Easing è uno scudo che funziona. Inoltre la situazione di bilancio italiana è molto più solida rispetto a qualche anno fa. Il vero problema sarebbe nel medio periodo...». Nella fragilità dell'Eurozona: la sua reversibilità, appunto. Analisi condivisa «totalmente» da Renzi. Ma, si diceva, il governo spera e scommette su un accordo in extremis. E questo perché le dichiarazioni del ministro dell'Interno greco, Nikos Voutis, che ha annunciato che Atene a giugno non pagherà 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale (Fmi) e quelle del responsabile dell'Economia, Yannis Varoufakis, che ha minacciato l'Eurozona («se usciamo per l'euro sarebbe l'inizio della fine»), sono lette a palazzo Chigi come un ultimo tentativo levantino di strappare qualche concessione in più a Bruxelles. E anche un modo di Atene per distinguere la posizione dei partner europei, da quella del Fmi «che ha concesso i suoi prestiti a condizioni decisamente meno vantaggiose di quelli della Commissione». Di sicuro il governo italiano non ha intenzione di andare in soccorso di Tsipras, tirando fuori dal cilindro qualche mediazione dell'ultima ora. «Gli aiuti devono essere concessi da Bruxelles solo e soltanto se la Grecia rispetterà gli impegni», dicono al Tesoro. A palazzo Chigi confermano: «In una comunità ci si sta solo se si rispettano le regole».

Ma c'è anche chi non si strappa i capelli di fronte al rischio-default di Atene: «Se i greci non sono disposti ad onorare gli impegni assunti, allora è meglio che escano per finirla presto con questa agonia. La Grexit infatti non sarebbe un disastro», dice un consigliere del premier che parla «a titolo personale». Non la pensa allo stesso modo il sottosegretario all'Europa, Sandro Gozi: «Per noi la Grecia fuori dall'euro non è un'opzione. E non lo è, non tanto per i rischi di contagio finanziario che non ci sono, visto che i nostri conti ora sono in ordine e l'Europa ha strumenti diversi da quelli del 2010-2011, quanto perché vogliamo un'Europa che si rafforzi e che non perda pezzi».
© riproduzione riservata Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino