ROMA - Il "fiscal compact" - il patto europeo di rigore finanziario - va rivisto, o almeno reinterpretato. Vanno eliminati gli intenti «punitivi» nei confronti dei Paesi in...
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Rispetto a marzo 2012, quando il patto di bilancio europeo fu firmato, lo stato dell'economia del vecchio continente è cambiato, così come le priorità da affrontare. L'Unione europea sta vivendo oggi in una fase di semistagnazione e ha di fronte a sè «una combinazione preoccupante»: bassa crescita, scarsi investimenti, alta disoccupazione, inflazione quasi nulla. Le previsioni sulla ripresa sono state smentite dai fatti, si sono rivelate troppo ottimistiche e sono state per questo rimandate più in là nel tempo. Di sforzi, ha spiegato Padoan parlando proprio alla platea internazionale riunita a Roma per la conferenza interparlamentare sul fiscal compact, se ne sono fatti e quasi tutti in direzione dell'austerità. E non sono evidentemente bastati. Per questo il vocabolario ora deve cambiare. Di fronte a condizioni economiche «non normali», la parola d'ordine non può essere più solo austerity. Serve un più equo «policy mix» e soprattutto, serve rilanciare la crescita, gli investimenti, l'occupazione. Per farlo, visto che ormai anche la leva della politica monetaria sfruttata dalla Bce è prossima ai limiti della sua azione, deve cambiare l'approccio alla strategia europea. Partendo innanzitutto dalle asimmetrie di politica di bilancio con cui vengono trattati i Paesi: oggi - ha osservato il ministro - vige il sistema per cui «i Paesi in surplus hanno più spazio e quelli in deficit meno». Quasi un nonsense, che andrebbe oggi eliminato ristabilendo un equilibrio. La ricetta di Padoan non è mai stata tanto chiara: puntare ad «un approccio qualitativo prima ancora che quantitativo alle politiche di bilancio».
«Il fiscal compact è stato concepito in un quadro macroeconomico più favorevole, - ha quindi esplicitato - andrebbe tenuto conto delle difficoltà del quadro e delle circostanze eccezionali soprattutto di alcuni Paesi», come proprio l'Italia. «Questo strumento va reso più potente e orientato alla crescita».
Parole accolte con ironia dall'esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Padoan è l'ennesimo tecnico che siede, senza esserne all'altezza, alla scrivania che fu di Quintino Sella. Ha dato numeri sulla crescita che definimmo subito irreali e solo ora lo ammette. Ci dice che il problema oggi è la bassa crescita accompagnata da forte disoccupazione. Un genio! Che scopre banalità purtroppo note all'ultimo avventore del Bar dello Sport. Si parla giustamente male di Renzi e dei tanti dilettanti allo sbaraglio che ha infilato nel governo. Ma Padoan è perfino peggio dei figuranti renziani di nuova generazione, incapaci ma in alcuni casi di bella presenza».
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Il Gazzettino