Nella promozione di un prodotto, di un servizio e di un'azienda locale è importante utilizzare la lingua del territorio? «Sì» ha risposto il 93% degli interpellati. Che non...
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La percentuale, già importante di per sè, acquista ulteriore significato se si considera che il 45% dello stesso campione non parla la marilenghe. Ciononostante, i ragazzi rivelano di aver interiorizzato un principio: la lingua è uno degli elementi che qualifica l'efficacia del marketing territoriale. Insomma, per vendere - prodotti e servizi che siano - meglio sapersi destreggiare nella lingua locale.
Lo spaccato è emerso ieri quando lo Ial ha fatto il punto sui risultati della decisione che ha assunto nell'anno scolastico in corso, grazie anche alla collaborazione con l'Arlef, l'Agenzia regionale della lingua friulana: inserire nel percorso scolastico il friulano come materia curriculare. Chi frequenta lo Ial, cioè, ha 2 ore di friulano a settimana come parte integrante - non dunque facoltativa o integrativa - del proprio progetto didattico. Un'iniziativa che rappresenta, in assoluto, la prima esperienza in regione in un istituto di formazione superiore. Per una parte significativa dei 300 ragazzi coinvolti nel progetto e anche per i loro genitori, il friulano ha rappresentato e rappresenta uno strumento di integrazione sia in ambito lavorativo che sociale. Il che ha come conseguenza anche il fatto che il 51% del campione ha dichiarato di «voler utilizzare nella propria attività professionale futura la lingua del territorio», per «favorire e rafforzare la comunicazione interpersonale» e come «strumento di marketing per fidelizzare il cliente». Il 3% ha detto di essere ancora indeciso, mentre il 46% del campione dice che non la adopererà.
«Uno sforzo che andrà consolidato», ha commentato il presidente dell'Arlef, Lorenzo Del Fabbro, perché «la lingua, per mantenersi viva, deve essere quotidianamente usata dai giovani nei modi e con gli strumenti da essi richiesti».
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Il Gazzettino