Papa Francesco modifica il Catechismo: «La pena di morte non è mai ammessa»

Papa Francesco modifica il Catechismo: «La pena di morte non è mai ammessa»
LA NOVITÀCITTÀ DEL VATICANO Ingiustificabile, inammissibile, inaccettabile. Persino se si trattasse del più sanguinario dei tiranni per la Chiesa la pena di morte è stata...

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LA NOVITÀ
CITTÀ DEL VATICANO Ingiustificabile, inammissibile, inaccettabile. Persino se si trattasse del più sanguinario dei tiranni per la Chiesa la pena di morte è stata definitivamente bandita da ogni orizzonte. Papa Francesco con un Rescritto firmato dal cardinale Luis Ladaria, il gesuita che guida l'ex Sant'Uffizio, ha realizzato quello che non riuscì a Giovanni Paolo II quando, nel 1992, venne licenziato il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Wojtyla avrebbe tanto voluto abolire quel retaggio della teologia medievale che, in taluni casi e circostanze limitatissime, era rimasto impigliato nel testo e fissato al numero 2267. Anche all'epoca non mancarono dibattiti teologici e polemiche che, naturalmente, continuarono sulla spinta di coloro che avrebbero voluto l'abolizione totale della pena di morte. Da ieri la riforma di quella parte del Catechismo è diventata legge vincolante e la Chiesa universale «si impegna con determinazione per favorire la sua abolizione in tutto il mondo». La parte modificata verrà ora tradotta nelle diverse lingue, inserita in tutte le edizioni del Catechismo, e inviata alle conferenze episcopali. «Legando il tema della pena di morte alla dignità della persona, Papa Francesco compie un passo decisivo nella interpretazione della dottrina di sempre. Si tratta di uno sviluppo, anzi di un progresso nella comprensione del Vangelo» ha spiegato il teologo monsignor Rino Fisichella. In qualità di presidente del Pontificio consiglio della nuova evangelizzazione l'anno scorso, in occasione del 25esimo anniversario della pubblicazione del Catechismo, aveva organizzato un incontro con Francesco. Durante l'udienza era stata anticipata la volontà papale di rivedere il passaggio spinoso, anche a costo di andare contro quei teologi dell'ala più conservatrice, fedeli a mantenere la via tomista. San Tommaso, parlando di questo tema, nella Summa Teologica sosteneva, infatti, la liceità di «estirpare un membro malato per salvare tutto il corpo, così quando una persona è diventata un pericolo per la comunità o è causa di corruzione degli altri, essa viene eliminata per garantire la salvezza della comunità».

TRIBUNALI

Un approccio che nei secoli è stato superato, tanto che Francesco, durante l'incontro co i teologi anticipava la riforma. «Mai nessun uomo, neppure l'omicida perde la sua dignità personale, perché Dio è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità». Anche se un tribunale dovesse giudicare il più feroce criminale. Naturalmente questa impostazione ebbe una eco anche politica, sollevando non poche proteste dagli Stati Uniti che arrivarono puntualmente in Segreteria di Stato da parte della destra cattolica americana, orientata favorevolmente a mantenere la pena capitale in determinate circostanze. Francesco però ha spiegato che nei secoli passati, quando non c'erano gli strumenti di difesa e la maturità sociale che ci sono oggi, la ghigliottina o la sedia elettrica, potevano apparire come la conseguenza logica dell'applicazione della giustizia. «Purtroppo anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana». La volontà riformatrice era pronta e non vi era alcuna contraddizione con l'insegnamento del passato. «Custodire il deposito della fede non significa mummificarlo ma permettere di rispondere alle domande di ogni generazione. La Tradizione non è rappresentabile come un insetto imprigionato nell'ambra» ha aggiunto Fisichella. A portare avanti la battaglia per l'abolizione del passaggio dottrinale sulla pena di morte sono stati i gesuiti della Civiltà Cattolica già negli anni Novanta. Padre Giuseppe De Rosa, in particolare, ripeteva che si trattava di una pena barbara e inutile e che doveva essere messa al bando definitivamente.
Franca Giansoldati
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Il Gazzettino