Ossigeno per i conti pubblici

Ossigeno per i conti pubblici
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Obiettivo per il 2015 già quasi raggiunto. È questo il senso delle parole con cui Pier Carlo Padoan ha festeggiato, sobriamente, i dati dell'Istat sul Pil. Il riferimento è naturalmente a quello 0,6 per cento di crescita acquisita che permette di guardare da vicino il valore fissato per fine anno con il Def dello scorso aprile, un prudente +0,7. A questo punto, ci sarebbe qualche buon motivo per ritoccare la previsione verso l'alto, con la nota di aggiornamento attesa entro venti giorni. Se la crescita continuasse al ritmo dei primi due trimestri, il dato finale potrebbe benissimo un +0,8 per cento (come evidenziato ad esempio da Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo). In realtà le indicazioni preliminari in possesso di Palazzo Chigi e Mef sull'andamento del terzo trimestre indurrebbero a un atteggiamento ancora più ottimistico. Spiccano ad esempio gli ottimi e per molti versi inattesi risultati del turismo a luglio e agosto. Insomma in realtà la revisione per il 2015 potrebbe puntare anche più in alto, verso un +1 tondo. Ma le ragioni della cautela restano e le valutazioni finali saranno fatte solo nei prossimi giorni.

Il periodo a cui si guarda con più attenzione, mentre sta entrando nel vivo il lavoro di preparazione della legge di Stabilità, è però il 2016. Se la tendenza positiva dei primi due trimestri, probabilmente destinata ad ampliarsi nel terzo, proseguisse a fine anno e poi nel nuovo, sarebbe lecito attendersi effetti positivi anche sui conti pubblici, che già dovrebbero beneficiare di un'ulteriore riduzione della spesa per interessi indotta dal favorevole andamento dei tassi internazionali. Il condizionale è d'obbligo perché su un altro versante vanno messi in conto i possibili contraccolpi del rallentamento cinese, ancora da decifrare nella sua reale portata. Ma se le cose dovessero continuare ad andare bene, allora si aprirebbero consistenti spiragli per un governo deve mettere insieme qualcosa come 25-30 miliardi. Al momento sono disponibili sulla carta i 10 di risparmi di spesa che arriveranno dal lavoro coordinato da Yoram Gutgeld e Roberto Perotti e altri 3-4 che entreranno con il rientro dei capitali. A questa base si potrebbero aggiungere 9-10 miliardi tra maggiori introiti fiscali indotti dalla crescita, minore spesa per interessi e ulteriori margini di flessibilità da contrattare con l'Unione europea. In senso stretto non si tratterebbe di manovra correttiva visto che almeno in parte verrebbero rivisti gli andamenti tendenziali. Mentre per quanto riguarda le regole di bilancio, il rapporto disavanzo Pil potrebbe essere lasciato correre fino al 2,1-2,2 per cento rispetto all'1,8 programmato (che in verità già sconta l'applicazione della clausola delle riforme).

Che Bruxelles abbia un atteggiamento tollerante è tutt'altro che scontato: rispetto alla pura applicazione delle regole, pur se flessibili in base alla comunicazione della commissione del gennaio scorso, servirà probabilmente un ulteriore passaggio di trattativa politica. Il presidente del Consiglio quantifica in un punto di Pil, 17 miliardi, i margini di flessibilità strappati a inizio anno. Sottraendo a questo punto lo 0,65 circa già fruito o “prenotato” dall'Italia (0,25 per il 2015 quale minor sforzo verso l'obiettivo di medio termine, 0,4 per il 2016 proprio per la clausola delle riforme) resta uno 0,35 per cento. Su questi 5-6 miliardi si giocherà la partita.
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Il Gazzettino