Operai sfruttati, imprenditore in cella

Operai sfruttati, imprenditore in cella
L'INCHIESTAUDINE Avrebbe sfruttato il lavoro dei propri operai, sottoponendoli a condizioni di lavoro proibitive e retribuendoli solo in parte. Per questi motivi un imprenditore...

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L'INCHIESTA
UDINE Avrebbe sfruttato il lavoro dei propri operai, sottoponendoli a condizioni di lavoro proibitive e retribuendoli solo in parte. Per questi motivi un imprenditore di origini venezuelane, Victor Julio Araujo Gomez, 40 anni, residente in provincia di Gorizia, socio co-titolare di una società, La montaggi srl, che attualmente opera all'interno del cantiere navale monfalconese di Fincantieri nell'allestimento delle ultime navi da crociera in costruzione, è stato arrestato ieri dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Gorizia. L'arresto è stato eseguito in esecuzione di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal gip del tribunale isontino all'esito di lunghe e complesse indagini avviate a giugno scorso dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Gorizia, comandato dal Tenente colonnello Pasquale Starace, con la collaborazione, nella fase esecutiva, dei colleghi del Nucleo ispettorato del lavoro. Le indagini, coordinate dalla Procura, erano partite grazie alla continua e costante collaborazione esistente tra i Carabinieri e la security interna che lavora per conto di Fincantieri, che ha consentito di raccogliere i riscontri definitivi anche dopo i racconti di uno dei lavoratori impiegati nella ditta.

L'INDAGINE

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l'indagato, in qualità di capo-cantiere, avrebbe sottoposto alcuni operai, lavoratori di nazionalità maliana, gambiana e senegalese, a turni di lavoro massacranti, anche superiori alle dieci ore giornaliere. Li avrebbe anche costretti a restituire parte dello stipendio che ricevevano, somme variabili dai 200 ai 400 euro in contanti, con la minaccia di allontanarli dal posto di lavoro. Sempre secondo l'accusa, alcuni lavoratori, vittime di incidenti sul posto di lavoro, sarebbero stati anche obbligati a omettere la regolare denuncia di infortunio alle competenti autorità sempre con la minaccia del licenziamento. Sarebbero stati obbligati, al contrario, a dichiarare di essersi infortunati a casa. Nel corso delle indagini condotte dai militari dell'Arma, sarebbe emerso anche come i lavoratori sarebbero stati costretti a pagare di tasca propria i corsi obbligatori per la sicurezza, pari a 600 euro ciascuno decurtati dallo stipendio, senza poterli poi neppure frequentare. Durante le ore dei corsi, che si sarebbero dovuti tenere presso una società della provincia di Padova, i lavoratori sarebbero stati infatti impiegati all'interno del cantiere nelle normali attività lavorative. Per questo motivo sono finite nei guai, denunciate a piede libero, anche altre sette persone, tra docenti e organizzatori dei corsi, che avrebbero dovuto attestare la frequenza dei lavoratori a Padova mentre si trovavano in cantiere a Monfalcone. Secondo gli inquirenti, il meccanismo sarebbe proseguito da almeno due anni e avrebbe fruttato una somma di circa 52 mila euro, sottoposta a sequestro preventivo presso una banca di Ancona. L'indagine ipotizza, a vario titolo, le ipotesi di reato di estorsione, minaccia aggravata, sfruttamento del lavoro, caporalato e falso.
Elena Viotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino