La "Liberazione" l'ha fatta dall'obbligo di timbrare il cartellino nei giorni festivi. E la sua vittoria potrebbe avere un effetto domino per tutti i lavoratori del commercio da...
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La commessa, 46enne con un contratto full-time da oltre dieci anni con l'ipermercato, prima che fossero stabiliti i turni per la Festa della Liberazione aveva scritto alla direzione di voler restare a casa con la sua famiglia. «Nonostante ciò - spiega Emanuela Detti della Uil Tucs, il sindacato alla quale la dipendente si è rivolta - è stata inserita nei turni di lavoro, ma lei il 25 aprile non si è presentata». Dalla direzione del supermercato arriva subito una lettera di contestazione alla quale lavoratrice e sindacato rispondono portando le loro ragioni, ma l'azienda non ci sta e fa partire una sanzione disciplinare e una multa pari alla paga di una giornata lavorativa. Il provvedimento viene quindi impugnato dal sindacato davanti alla Direzione territoriale del lavoro di Venezia che, nell'arbitrato dei giorni scorsi, dà ragione alla lavoratrice costringendo l'ipermercato a ritirare contestazione e sanzione. Del resto è stata la Corte di Cassazione a stabilire, proprio alcune settimane fa, che "nessuno può essere obbligato a lavorare nei giorni festivi", respingendo un ricorso della Loro Piana che aveva sanzionato una commessa piemontese che non si era presentata al lavoro il giorno dell'Epifania. Multa che era stata giudicata illegittima dal Tribunale di Vercelli e poi dalla Corte d'Appello di Torino, con il principio infine sancito anche dai giudici supremi. La sentenza 16592/2015 ribadisce infatti che "il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c'è accordo con il datore di lavoro", e che l'obbligo vale solo per il personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private. Sull'esito dell'arbitrato veneziano non ci saranno però possibilità di ricorso. «La vicenda è chiusa - riprende Emanuela Detti - e ci auguriamo che possa essere da esempio non come rivalsa contro i datori di lavoro, ma come possibilità per i dipendenti di far valere il loro diritto di restare a casa nei giorni festivi».
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Il Gazzettino