Navi d'amianto, oggi la sentenza sulle vittime dei materiali killer

Navi d'amianto, oggi la sentenza sulle vittime dei materiali killer
L'ATTESAPADOVA «Sia chiaro, le nostre associazioni (AfeVa Sardegna, Afea e Assodipro) sono parti civili, a fianco delle vittime e dei familiari, non per vendetta, ma per...

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L'ATTESA
PADOVA «Sia chiaro, le nostre associazioni (AfeVa Sardegna, Afea e Assodipro) sono parti civili, a fianco delle vittime e dei familiari, non per vendetta, ma per incondizionato amore della verità e della giustizia. Qualsiasi tipo di sentenza verrà emessa, noi la rispettiamo. Le associazioni dei marinai vittime e malati dell'amianto nelle navi militari attendono la sentenza di stamane, quando il giudice monocratico Chiara Bitozzi uscirà dalla camera di consiglio al processo Marina Due. Intendono rispettare la sentenza, dopo che all'udienza del 10 dicembre il pubblico ministero Sergio Dini, l'artefice delle inchieste sui marinai militari, ha chiesto l'assoluzione degli alti ufficiali. A giudizio c'erano tredici ammiragli, ma tre sono morti durante l'inchiesta e il lungo processo.

Quando il giudice Bitozzi leggerà il dispositivo della sentenza farà riferimento a una quarantina di vittime. Ma nel tempo il numero dei marinai morti per mesotelioma pleurico è salito a oltre seicento. Nel capo d'imputazione il rappresentante dell'accusa ha portato gli ammiragli a giudizio perché sono colpevoli di aver cagionato, con condotte più o meno omissive, una strage di marinai ai loro ordini e dipendenze. A conclusione della sua requisitoria, Dini ha affermato sostanzialmente che nessuno degli imputati aveva in realtà la possibilità concreta di organizzare il lavoro in maniera diversa. Nessuno aveva le potenzialità di investimenti, per acquisti di materiali diversi dall'amianto, o bonifiche. Oppure di organizzare il lavoro con turnazioni più celeri, con l'adozione di strutture di protezione, di sistemi di protezione individuali e collettive, questo perché nessuno di questi imputati aveva in realtà dei poteri di spesa autonomi.

E il rappresentante dell'accusa ha chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato. «Allora chi ha il dovere e il potere di intervenire?» dicono i famigliari delle vittine. «Se non loro, i vertici militari, chi aveva e chi ha ora il dovere di prevenire i danni alla salute dei dipendenti con le stellette? Se solo avessero voluto questa strage sarebbe stata evitata, o quantomeno limitata».
Lino Lava
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Il Gazzettino