Ornella Muti, atto terzo. Approderà in Cassazione la vicenda delle tre serate teatrali cancellate a Pordenone per andare a una cena di beneficenza organizzata da Vladimir Putin....
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L'attrice non rilascia dichiarazioni. Fa sapere di essere molto dispiaciuta. «Non è stata compresa la sua posizione e questo la fa stare molto male», afferma il suo legale. Sciullo insiste che «è stato sbagliato il bersaglio» e che la «partita va giocata su tutt'altro terreno, quello civilistico». «Il reato non c'è - afferma - Non era lei il soggetto contrattuale, ma Lo Studio Martini ed Essevuteatro. I soldi erano destinati a loro, non alla Muti. Invece la si vuole attrice protagonista assente dalla scena». Il legale conferma che il 10, 11 e 12 dicembre 2010 la Muti era malata e non avrebbe potuto recitare il monologo de L'ebreo di Clementi a Pordenone. «Era senza voce - continua - È come se un tennista non giocasse la finale perchè ha una tendinite, ma in tribuna ci può andare».
L'accusano di essersi finta malata per non pagare la penale da 54mila euro al Verdi? La difesa è convinta che gli imputati dovevano essere altri, che la Muti non conosceva i termini del contratto e che «i problemi di salute c'erano, aldilà del certificato medico russo». Il certificato russo è quello depositato nell'udienza del 15 aprile 2014. Sarebbe stato rilasciato da un ospedale di San Pietroburgo la sera del 10 dicembre 2010, subito dopo l'arrivo in aeroporto. «Un certificato - ha replicato l'avvocato Antonio Malattia per la parte civile - che si è materializzato quattro anni dopo in udienza. Nessun medico si sarebbe permesso di negare un favore a Putin. Questa è una storia per una fiction, non per un processo».
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Il Gazzettino