Musei, figuraccia mondiale il Tar boccia cinque direttori

Musei, figuraccia mondiale il Tar boccia cinque direttori
ROMA - (l.de.cic.) «Del resto il Tar è quello che ha riammesso i finti centurioni a Roma...», scherza Eike Schmidt, il direttore (tedesco) degli Uffizi fiorentini, graziato...

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ROMA - (l.de.cic.) «Del resto il Tar è quello che ha riammesso i finti centurioni a Roma...», scherza Eike Schmidt, il direttore (tedesco) degli Uffizi fiorentini, graziato ieri dalla mannaia calata dal Tar sui manager stranieri che guidano i musei italiani.

«Al bando non potevano partecipare gli stranieri», scrivono i magistrati amministrativi. Schmidt si è salvato, perché il ricorso amministrativo contro di lui e contro la responsabile della Galleria dell'Accademia Cecile Holberg, non è andato a buon fine. Altri cinque colleghi invece dovranno preparare gli scatoloni (almeno per il momento). I giudici del Tar del Lazio hanno dichiarato illegittime le nomine dell'austriaco Peter Assmann al Palazzo Ducale di Mantova, ma anche di Martina Bagnoli alle Gallerie Estensi di Modena, di Paolo Giulierini ai Musei Archeologici Nazionali di Napoli, di Carmelo Malacrino a Reggio Calabria e di Eva Degl'Innocenti di Taranto.
Salvo, ma solo per un vizio di forma nel ricorso, Gabriel Zuchtriegel, al timone del Parco archeologico di Paestum, che commenta: «Spero che la valorizzazione nei musei italiani vada avanti». Tutti erano approdati al vertice dei poli museali nel 2015, sfruttando la riforma Franceschini che, per la prima volta, ha aperto a tutti i cittadini europei la possibilità di governare i gioielli della cultura italiana.
«Abbiamo rispettato sentenze molto precise della Corte di Giustizia europea sul principio di libera circolazione dei lavoratori nella Ue. E sul tema si è espresso anche il Consiglio di Stato», è il commento a caldo del ministro dei Beni culturali, che parlando di «figuraccia mondiale» annuncia un ricorso «immediato» proprio alle toghe di Palazzo Spada, con richiesta di sospensiva.
Sulla seconda contestazione del Tar, che ha messo momentaneamente fuori gioco i quattro direttori italiani perché le prove orali, si legge nella sentenza, si sarebbero svolte a porte chiuse (alcuni colloqui sono stati fatti via Skype), dal Ministero ribattono che «i colloqui erano aperti e sono stati registrati su file audio accessibili a tutti». «La commissione poi era di altissimo profilo scientifico», continuano dal Collegio romano, essendo guidata dal presidente della Biennale di Venezia, «e tra i suoi membri c'erano ka consigliera culturale del presidente Macron e il direttore della National Gallery di Londra», che peraltro è proprio un italiano, ingaggiato all'estero senza troppi problemi.
Il «non passa lo straniero» del Tribunale regionale del Lazio diventa subito materia di scontro politico. Il segretario del Pd, Matteo Renzi, rivendica la riforma fatta sotto il suo governo e aggiunge: «Non abbiamo sbagliato a cambiare i musei, abbiamo sbagliato perché non abbiamo provato a cambiare i Tar». Replica del M5S: «Questa è un'intimidazione ai giudici, Renzi è oltre Berlusconi». Sull'argomento interviene anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: «I Tar vanno cambiati, ma non demonizzati».

Oltre le polemiche, restano i numeri della riforma, che due anni fa ha portato 7 manager stranieri al vertice dei primi 20 musei del Paese e che ha trasformato gallerie e parchi archeologici da semplici uffici delle Soprintendenze a istituti dotati di una propria autonomia amministrativa e scientifica. Dal Mibact ieri fornivano questi dati: «Dal 2013 al 2016 la crescita del numero dei visitatori è stata di oltre 7 milioni, si è passati da 38,5 milioni a 45,5 milioni (+18%)». Anche gli incassi sono aumentati di quasi 50 milioni di euro: dai 126 milioni del 2013 ai 174 milioni di euro del 2016, con una crescita del 38%. Ora che succede? Per il momento, ha spiegato Franceschini, i cinque musei decapitati sono stati riassegnati «ad interim». «Si rischia la paralisi - è l'allarme di Schmidt - chiudere le frontiere per l'Italia è un clamoroso autogol».
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Il Gazzettino