Mose, otto indagati per le cerniere

Mose, otto indagati per le cerniere
L'accusa era di aver depositato come propri i progetti per i meccanismi delle cerniere del Mose e di averli poi divulgati ai concorrenti commissionando a terzi l'esecuzione delle...

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L'accusa era di aver depositato come propri i progetti per i meccanismi delle cerniere del Mose e di averli poi divulgati ai concorrenti commissionando a terzi l'esecuzione delle opere.

Il pm Orietta Canova della Procura di Padova ha concluso le indagini e ha iscritto nel registro degli indagati otto persone con l'accusa di appropriazione indebita di proprietà intellettuale, contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali. Tra i nomi degli indagati spiccano quelli di Donatella Chiarotto, presidente e amministratore delegato della Fip industriale spa e di Renato Chiarotto nipote di Romeo, patron del gruppo Fip Mantovani. Gli altri indagati sono Paolo Fortin, Alessandro Sardena e Giampaolo Colato della Fip, Davide Barin e Stefano Bertolini della Fiar srl, Nadia Zoratto di Technital Spa.
L'anno scorso una ditta di Padova, la General Fluidi, un'azienda di una decina di dipendenti e che lavora nella ricerca e nello sviluppo di impianti oleodinamici, aveva presentato una denuncia penale patrocinata dagli avvocati Biagio Pignatelli e Angela Favara e parallelamente aveva avviato una causa civile di risarcimento danni.
La General Fluidi era stata incaricata dalla Fip Mantovani di realizzare un prototipo per il sistema di aggancio delle cerniere delle paratoie del Mose e nel 2009 aveva prodotto il primo lotto per la bocca di Porto del Lido. Una commessa che complessivamente doveva aggirarsi sui due milioni di euro.
«Ma dopo il primo lotto la Fip non si fece più viva - racconta il rappresentante della General Fluidi Andrea Tiburli - e controllando i capitolati d'appalto al Magistrato alle Acque scoprimmo che la società aveva depositato parte dei disegni da noi forniti a proprio nome per poi subappaltarne ad altri la realizzazione sottocosto».

La General Fluidi chiede ora anche il risarcimento di 650mila euro, di cui 600mila sono stati quantificati per le spese di progettazione sostenute e per la mancata commessa e 50 mila come simbolico riconoscimento del danno morale. «Non siamo la piccola azienda che vuole speculare su quella grande. Ci preme che venga sancita la paternità dei progetti - conclude Tiburli - anche in vista del funzionamento del sistema Mose e della sua manutenzione».
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Il Gazzettino