Moschea vietata all'imam licenziato

Moschea vietata all'imam licenziato
IL CASOPORDENONE C'è un punto fermo nella diatriba tra l'imam e la comunità islamica di Pordenone. A metterlo, su istanza del pm Maria Grazia Zaina, è stato il gip Rodolfo...

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IL CASO
PORDENONE C'è un punto fermo nella diatriba tra l'imam e la comunità islamica di Pordenone. A metterlo, su istanza del pm Maria Grazia Zaina, è stato il gip Rodolfo Piccin: Hosny Awadalla Mohamed Abdelgawad, 37 anni, egiziano di Beheira, non può più frequentare il Centro islamico di via della Comina 29. Mercoledì sera i poliziotti della Digos hanno notificato all'ex guida spirituale della comunità islamica pordenonese una misura coercitiva che gli vieta di dimorare nel Centro e in tutti i luoghi che si trovano nel raggio di 500 metri (la Procura aveva proposto un chilometro). Il provvedimento è stato adottato in seguito all'escalation di scontri, puntualmente segnalati dalla Digos, che avevano creato tensioni tra Abdelgawad e i fedeli.

LE CONTESTAZIONI
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l'imam continuava a predicare dal pulpito nonostante fosse stato licenziato, costringendo così i fedeli a pregare in locali diversi e creando tensioni. Per il Codice penale si tratta di comportamenti che ricadono nelle ipotesi di violenza privata e violazione di domicilio, visto che il Centro islamico non è un luogo pubblico, ma la sede di un'associazione privata, di cui l'imam non è socio. Ad aggravare la posizione dell'imam vi è la contestazione di un terzo reato: oltraggio a pubblico ufficiale, perchè il 2 gennaio ha chiamato il 112 e mentre l'operatore cercava di identificarlo è sbottato con frasi come «siete dei corrotti perchè fate quello che dicono loro, io ho tutto il diritto di rimanere qua e non mi interessa quello che dite voi perchè voi siete tutti corrotti».
LA DIATRIBA
Abdelgawad lavorava per l'associazione dal 14 agosto 2017. Assunto inizialmente come impiegato, dal 31 ottobre 2019 il suo contratto è stato modificato. Aveva ottenuto la mansione di guida spirituale ed era stato inquadrato come disposto dai contratti del terzo settore. I problemi cominciano il 19 e 20 dicembre. L'imam redarguisce un fedele dal pulpito, un rimprovero tutti sentono perchè parla al microfono. Secondo la versione dell'associazione, Abdelgawad avrebbe poi seguito il fedele in bagno dandogli del «peccatore, adultero e figlio di cane». Il 23 dicembre il presidente Alfred Shemshiri gli notifica una contestazione disciplinare con contestuale sospensione. Da quel momento l'imam avrà 5 giorni per le controdeduzioni. Non arriva alcuna giustificazione, l'imam sospeso continua a frequentare il centro e il 31 dicembre il comitato esecutivo dell'Associazione culturale islamica delibera il licenziamento disciplinare. Il rapporto di fiducia ormai è rotto. Anche perchè in precedenza c'erano stati altri episodi: l'attacco a Magdi Allam durante un convegno a Sacile, quando il presidente Shemshiri fu costretto a scusarsi pubblicamente; le ferie prese in autonomia per andare in Egitto alla fine del ramadan e il regolamento strappato al momento dell'assunzione dicendo che «qui le regole le faccio io».
IL LICENZIAMENTO

La raccomandata in cui si comunica il licenziamento senza preavviso è del 2 gennaio. Gli verrà consegnata in mano anche davanti a giornalisti, fotografi e telecamere convocati in Comina dello stesso imam, ma lui la getta a terra. Tentano di leggergli la lettera di licenziamento, ma lui si rifiuta di ascoltare. Ai poliziotti della Digos che gli chiedono spiegazioni, dice che non vuole conoscere il contenuto, perchè la legge dice che il licenziamento deve essere comunicato con una lettera raccomandata. Le tensioni proseguono anche nei giorni successivi, puntualmente registrate dalla Digos, perchè l'imam continua a frequentare il centro e a predicare, costringendo così alcuni fedeli a pregare in altri locali. Il 5 gennaio dirigerà tutte e cinque le preghiere. Un comportamento che il gip Piccin definisce «prepotente», al punto tale da pregiudicare la libertà altrui. E ritenendo che non abbia «capacità di autocontrollo» per poter applicare una misura più lieve, gli ha imposto il divieto di dimora nella sede dell'Associazione culturale islamica».
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino