Missione Lakers: riprendersi il titolo nel nome di Kobe

Missione Lakers: riprendersi il titolo nel nome di Kobe
BASKET1,2,3 Mamba!. L'urlo di battaglia dei Los Angeles Lakers racconta il senso della stagione dei californiani, capaci di tornare alle Finali Nba dopo dieci anni: in quel 2010,...

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1,2,3 Mamba!. L'urlo di battaglia dei Los Angeles Lakers racconta il senso della stagione dei californiani, capaci di tornare alle Finali Nba dopo dieci anni: in quel 2010, l'ultimo titolo grazie a Kobe Bryant. Oggi, nella serie che scatta alle 3 di notte italiane (SkySport1 e SkySportNba) contro Miami, i Lakers vogliono tornare al successo per dedicarlo proprio a Kobe, scomparso otto mesi fa nell'incidente in elicottero che si è portato via anche la figlia Gianna e altre sette persone. La stagione più lunga e tormentata avrà l'epilogo più pronosticato (i Lakers) oppure finirà con un'assoluta sorpresa (Miami, la prima testa di serie numero 5 campione). Non c'è spazio per le mezze misure nella bolla di Disney World, in cui la Lega si è rifugiata da due mesi con un investimento vicino ai 200 milioni di dollari per prevenire il coronavirus.

La stagione segnata dalla pandemia, dall'addio a Bryant e all'ex commissioner David Stern, l'uomo che ha reso la Nba un fenomeno planetario, ma anche dallo sciopero per sensibilizzare l'America sulle tensioni razziali, si chiude con LeBron che sfida il passato in un incrocio suggestivo: gli Heat. Con cui James vinse due dei suoi tre titoli nel 2012 e 2013, sono la creatura di Pat Riley, che negli anni 80 era invece il coach dei Lakers dello Showtime di Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar, la squadra più hollywoodiana di sempre. Quella versione dei gialloviola lasciò il segno per le sfide contro Boston: oggi, il duello con i Celtics si ripropone anche se i biancoverdi si sono fermati a un passo dalle Finali, perché vincendo il titolo i Lakers salirebbero a 17, eguagliando Boston al vertice della Lega. Los Angeles è favorita: nei playoff finora non ha sbagliato e vanta una coppia di superstar.
EFFETTO DAVIS

Il ritorno all'ultimo atto dopo dieci anni, il digiuno più lungo per i Lakers, è stato con il 35enne James e Anthony Davis, il miglior lungo della nuova generazione, fenomenale vicino a canestro ma anche grazie al tiro da fuori, risorsa con cui ha deciso gara2 della finale a ovest contro Denver (e gridando Kobe! per celebrare il canestro). Inoltre, Frank Vogel vanta una batteria di uomini di perfetto supporto: Rondo, Caldwell-Pope, Green, Kuzma e il redivivo Dwight Howard. Guai, però, a trascurare la prima Miami finalista senza Dwyane Wade, una squadra che non offre punti di riferimento se è vero che lo sloveno Goran Dragic miglior realizzatore degli Heat nei playoff è rimasto a guardare nei frangenti decisivi di gara6 contro Boston, mentre Jimmy Butler è una star poco egoista. Emergono così i giovani, dal tiratore Duncan Robinson alla scheggia impazzita Tyler Herro, primo Millennial alle Finali, e a Bam Adebayo, lungo di 2.11 con mobilità e tecnica da guardia. E coach Spoelstra sa come si vince: c'era lui a guidare LeBron nei due titoli di Miami. Ma ora James è sul lato opposto e dice: «Voglio onorare l'eredità di Bryant».
Loris Drudi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino