«Mi son qua, Mario» In ufficio il ritratto della sorella morta

«Mi son qua, Mario» In ufficio il ritratto della sorella morta
IL RICORDO TREVISO L'ufficio in fondo alla sala giunta, l'ufficio del...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
IL RICORDO

TREVISO L'ufficio in fondo alla sala giunta, l'ufficio del sindaco. Quello che Giancarlo Gentilini aveva letteralmente riempito di quadri, busti, bandiere, cimeli. Quello che Gian Paolo Gobbo aveva lasciato, pur se da vice, allo sceriffo. Quello che si era poi vestito delle passioni e della personalità di Giovanni Manildo. E' ancora mezzo vuoto, l'ufficio del sindaco, dopo l'insediamento di Mario Conte. Lo è se non ti volti verso le finestre, verso la cornice del camino in fondo alla stanza, sopra la quale ti accoglie una tela del pittore trevigiano Paolo Socal, marito proprio di una dipendente di Ca' Sugana. Non è che un caso, perché Socal è amico da tempo di Conte, di Marco Varisco, di Alessandro Manera. E con quelli della compagnia ha fatto trovare al neosindaco un regalo, una sera, in un locale di Treviso: un ritratto di Claudia. In nero, i tratti essenziali degli occhi e del sorriso, che fanno contrasto sullo sfondo celeste, colore della città insieme al bianco da cui svetta la torre civica di piazza dei Signori. Claudia se n'è andata improvvisamente a inizio marzo, stroncata da un infarto in casa ad appena 51 anni. «Ho voluto portare il quadro nel mio ufficio dice il sindaco L'ho accolto, al suo arrivo, con mia mamma Marialuisa. Sono convinto che la mia vittoria sia in gran parte merito di mia sorella, quindi quell'ufficio è in parte anche suo». Lo aveva detto l'indomani della vittoria, Conte: «Ho sentito la mano di mia sorella sulla spalla». L'ha ripetuto al giuramento: il suo pensiero, il suo sguardo, è andato a quella sedia vuota, in prima fila, ai Trecento. Di quel ritratto lo emozionano gli occhi, che sembrano brillare. Lo rassicura, quel viso. Lo rassicurano le parole, in dialetto, scritte sul bordo superiore: Mario, mi son qua. Claudia. Quante volte gliele ha detto, gliele ha scritte, la sorella: da ragazzi e da grandi. La sua vice-mamma, vista la differenza d'età. Gliele ripete anche adesso, in silenzio, da quella tela, come una carezza: Mi son qua.

L.P.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino