La Fenice ripensa a un proprio lontano retroterra culturale. Nella prima rappresentazione moderna delle Metamorfosi di Pasquale si coglie un ordine brioso, l'effervescenza di un...
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La commedia dichiara la diffusione della lingua musicale partenopea con una maestria di scrittura che non è soltanto la ratifica di un modello. Quest'opera utilizza gli strumenti lessicali del tempo in un percorso intermedio tra Cimarosa e le farse che il Rossini esordiente creò qualche anno dopo proprio per lo stesso teatro, il San Moisè. Basti pensare alla sapienza costruttiva, rossiniana ante litteram, soprattutto dei pezzi di insieme: duetti, quartetti e un poderoso sestetto molto elaborato polifonicamente.
La regia di Bepi Morassi è ben articolata nella brillantezza dello stile buffo, sulla linea della commedia all'italiana. Prevale la caratterizzazione bozzettistica nella trasposizione novecentesca degli umori farseschi. La scenografia e i costumi, ideati dagli studenti dell'Accademia di Belle Arti, presentano sobri e originali interni borghesi, arricchiti da surreali fumetti. Il direttore Gianluca Capuano, maestro al cembalo, è una testimonianza della cosiddetta musicologia applicata: l'esecuzione nasce dalla ricerca storica. Nella compagnia di giovani spicca il protagonista, il baritono Antonio Patucelli, per l'efficacia della recitazione.
Il ruolo più complesso è quello di Lisetta, molto spinto nella tessitura acuta, che il pregevole soprano Irina Dubrovskaya affronta con qualche difficoltà ma con teatrale evidenza.
Disinvolta nel canto fiorito Michela Antenucci; garbati i due tenorini Carlo Cecchi e Gabriele Messeri.
Dunque una riscoperta significativa, dovuta al recente ritrovamento della partitura autografa, per iniziativa della Fondazione Pergolesi-Spontini, co-produttrice dello spettacolo.
Mario Messinis
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Il Gazzettino