Medicina legale, nuovi veleni Due esposti per esami privati

Medicina legale, nuovi veleni Due esposti per esami privati
LO SCONTROPADOVA Battaglie legali, sgambetti e veleni tra fazioni. Non c'è pace per l'Istituto di Medicina legale di Padova, già al centro delle cronache per le indagini nei...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LO SCONTRO
PADOVA Battaglie legali, sgambetti e veleni tra fazioni. Non c'è pace per l'Istituto di Medicina legale di Padova, già al centro delle cronache per le indagini nei confronti del direttore Massimo Montisci. Questa volta a finire nell'occhio del ciclone è la dottoressa Donata Favretto, responsabile del laboratorio di tossicologia forense. Un gruppo di dipendenti dell'istituto di via Falloppio ha presentato due esposti anonimi alla piattaforma informatica dell'università di Padova, dedicata alle segnalazioni di condotte illecite. «Da un controllo incrociato è emerso che Favretto recita l'esposto - non ha richiesto la emissione della fattura per prestazioni a pagamento in conto terzi per le analisi eseguite in almeno venti casi che ha seguito per il tribunale, soprattutto per doping o analisi di droghe, con un mancato pagamento di migliaia di euro al Dipartimento negli anni 2018, 2017 e 2016. In altri casi, almeno cinque, Favretto avrebbe comunicato un numero di reperti analizzati inferiore a quelli realmente analizzati».

Al centro dell'accusa dunque ci sarebbe un giro di consulenze rese per privati e tribunali, per le quali Favretto avrebbe dovuto versare oltre 5 mila euro all'università, avendo utilizzato le strumentazioni dell'istituto. All'esposto sono state allegate tabelle e copie di fatture, con date e riferimenti precisi. Ora starà al Bo verificare la veridicità dei fatti. «La professoressa respinge con forza ogni accusa e si riserva di chiarire ogni circostanza di fronte alla autorità amministrativa e giudiziaria», replicano i suoi avvocati Lucio Zarantonello e Leonardo Maran.
La guerra interna sembra trovare radici in un passato recente. «Chi tra voi è senza peccato scagli la prima pietra commentano gli autori dell'esposto -. Le profonde ragioni che hanno spinto la professoressa Donata Favretto a denunciare l'allora direttore di Istituto, Massimo Montisci, sono davvero difficili da comprendere. Gelosia? Sete di potere? Vendetta perché Montisci è diventato ordinario al posto suo? O solo dovere di collaborare ai fini di giustizia? Lo stesso spirito di collaborazione che potrebbe aver ispirato un gruppo di dipendenti dell'ateneo di Padova ad effettuare questi controlli». E ancora, sottolineano: «Tali accuse si sommano a quelle lanciate in una separata denuncia su uno studio farmacologico che la professoressa Favretto avrebbe effettuato somministrando un farmaco gravato da effetti collaterali tossici a volontari sani, senza chiedere alcuna approvazione all'università e al Comitato etico per la sperimentazione clinica».

Il primo esposto, inviato una settimana fa, fa riferimento al caso della tennista Sara Errani, risultata positiva al letrozolo nei 2017 e assolta dall'accusa di doping nel 2019. L'atleta aveva in ingerito la sostanza mangiando i tortellini preparati dalla mamma, che aveva versato per sbaglio un farmaco antitumorale nella pietanza. Donata Favretto ha fatto parte del collegio di difesa di Sara Errani, dovendo dimostrare l'attendibilità delle sue dichiarazioni. Secondo l'accusa anonima Favretto «avrebbe somministrato il farmaco letrozolo a giovani volontari sani (maschi e femmine) anche a dosaggi terapeutici, nonostante il rischio di effetti collaterali e senza chiedere il parere del comitato di bioetica». Pronta la risposta dei legali della scienziata. «Non vi fu nessuna sperimentazione farmacologica bensì, molto semplicemente, fu verificato se l'ingestione accidentale di dosi sub-terapeutiche o tracce di letrozolo potesse dar luogo alla presenza del farmaco nelle urine o nei capelli. Nessun rischio, dunque, per i partecipanti al lavoro».
E.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino