Medici di base senza kit per proteggersi dal virus

Medici di base senza kit per proteggersi dal virus
L'ALLARMEPORDENONE Anche in tempo di pace, sono le prime sentinelle. I medici di base, che non lavorano in ospedale ma in comuni ambulatori, sono i primi a valutare sintomi,...

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L'ALLARME
PORDENONE Anche in tempo di pace, sono le prime sentinelle. I medici di base, che non lavorano in ospedale ma in comuni ambulatori, sono i primi a valutare sintomi, prescrivere farmaci, incontrare i pazienti. E i primi, a rigor di logica, a dover essere protetti. Ma l'emergenza coronavirus ha reso complicata un'operazione annunciata come urgente e necessaria, così tanti medici di medicina generale, tra Pordenone e Udine, sono ancora senza il kit di protezione. Si tratta della dotazione composta da occhiali, mascherine, visiere, guanti e tute anti-contagio. Doveva arrivare ieri, ma a conti fatti solo alcuni distretti hanno consegnato ai professionisti il materiale. Gli altri sono in attesa, e rimanendo comunque in prima linea a contatto con i pazienti hanno messo in campo delle contromisure urgenti.

LA SITUAZIONE
A parlare è Guido Lucchini, presidente pordenonese dell'Ordine dei medici. «Ad oggi - ha detto - la distribuzione dei kit di protezione non è omogenea ed esclude molti medici di base. La macchina organizzativa guidata dall'Azienda sanitaria procede in modo spedito ed efficiente, ma si registra la difficoltà nel reperimento del materiale. I medici di medicina generale devono essere in sicurezza in quanto in prima linea. Bisogna pensare che se un professionista si ammala, circa 1.500 persone restano senza un riferimento». Si conta di poter dotare i medici di base del kit di protezione entro al massimo la prossima settimana, ma intanto molti professionisti hanno optato per altre soluzioni.
I RIMEDI
Oggi, fuori da tanti studi delle province di Pordenone e Udine, sono comparsi dei cartelli che avvisano i pazienti in modo chiaro: chi ha sintomi influenzali, si legge, non deve occupare le sale d'attesa, ma tornare al proprio domicilio e telefonare al medico di base. A quel punto entrano in vigore le linee guida comportamentali per allontanare la possibilità di un contagio. «Ogni medico - spiega Lucchini - ha a disposizione una scheda da compilare passo dopo passo con il proprio paziente in collegamento telefonico. Per il verificarsi di un caso sospetto si devono verificare almeno un criterio epidemiologico e un criterio clinico». Per quanto riguarda i primi, si spazia dall'aver frequentato negli ultimi 14 giorni un luogo a rischio, l'essere entrati in contatto con persone poi risultate positivi, l'essere stati in ospedali che hanno accolto casi conclamati. Per i criteri clinici si prendono in considerazione febbre sopra i 37,5 gradi, tosse, mal di gola o sintomatologia da ricovero. Se si rende indispensabile una visita, il sospetto deve indossare la mascherina, e contestualmente quest'ultimo viene preso in carico dal Nue 112.
IN PRONTO SOCCORSO
Intanto è slittata di un giorno la consegna della tenda della Protezione civile di cui sarà dotato da oggi il Pronto soccorso di Pordenone. L'allestimento servirà a contenere i pazienti che si recheranno al reparto presentando sintomi collegati alle forme influenzali.
LA PARTICOLARITÀ

Intanto ieri, mercoledì delle Ceneri, la parrocchia pordenonese di San Francesco ha voluto fare un regalo ai tanti fedeli che non hanno potuto partecipare alle funzioni religiose in virtù dell'ordinanza restrittiva. La celebrazione delle 18.30, officiata dal parroco Gianfranco Furlan, è stata trasmessa in diretta su Youtube. La fede ai tempi del coronavirus e della connessione ad alta velocità.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino