Maxi-frode fiscale con i rottami: inchiesta chiusa per 37 indagati

Maxi-frode fiscale con i rottami: inchiesta chiusa per 37 indagati
PORTOGRUAROLa Dda di Trieste chiude l'inchiesta sulla frode fiscale legata al presunto traffico di rifiuti ferrosi che avrebbe coinvolto sette aziende del Nordest. Il sostituto...

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PORTOGRUARO
La Dda di Trieste chiude l'inchiesta sulla frode fiscale legata al presunto traffico di rifiuti ferrosi che avrebbe coinvolto sette aziende del Nordest. Il sostituto procuratore Federico Frezza ha confermato, per la maggior parte dei 37 indagati, anche il reato associativo. Il decreto di chiusura delle indagini è stato notificato nei giorni scorsi anche a sette società coinvolte limitatamente all'illecito amministrativo. Sono la Soligon Spa di Santa Lucia di Piave, a cui si contesta di aver ottenuto un indebito risparmio d'imposta di 3,1 milioni; la Verza Pietro Spa di Solesino (2,5 milioni); la Dal Bò Gino Eredi Sas di San Fior (114mila), la Golinrecycling Srl di Auronzo (395mila), la Bielle Metalli Srl di Spresiano (1,9 milioni), la Ecometal Srl di San Pietro Viminario (169mila) e la Franciacorta Metalli di Provaglio d'Iseo (12 milioni).

IL MECCANISMO
È stato il Nucleo di polizia economico finanziaria di Pordenone a scoprire che in otto anni di attività alcuni imprenditori friulani e veneti avrebbero movimentato 308 milioni con una girandola di fatture false e documenti fasulli, necessari per poter rivendere 150mila tonnellate di rifiuti ferrosi acquistate in nero. Sullo sfondo un patto con i cinesi che avrebbe consentito di trasferire 150 milioni di euro in Cina fingendo di acquistare ferro e acciaio. In realtà, quando il bonifico del falso acquisto arrivava a destinazione, i soldi venivano recuperati a Padova, in un negozio del Centro ingrosso di corso Stati Uniti. In questo modo i cinesi riuscivano a far arrivare in Cina, con tanto di fattura, soldi provenienti dalle loro attività illecite, gli italiani incassavano in contante ciò che non avrebbero mai potuto prelevare in banca e restituivano i soldi a chi utilizzava le fatture false.
L'INIZIO
Tutto ruotava attorno alla Metal Nordest Srl di Concordia Sagittaria, a cui si sono poi aggiunte la Femet Srl di San Quirino e la Ecomet Srl di Santa Lucia di Piave. I protagonisti sono i sanvitesi Stefano Cossarini, Roger Donati, domiciliato a Portogruaro, come Fabrizio Palombi, Guido Masciello di San Michele al Tagliamento e un altro sanvitese, Cristiano Altan. Erano loro a movimentare i rifiuti ferrosi dei grandi commercianti delle province di Treviso e Padova. La Procura antimafia indica Cossarini, Donati e Palombi come i promotori dell'associazione e il punto d'unione con gli altri indagati. Tra il 2013 e il 2021 avrebbero permesso ai fornitori di rottami di sottrarre 140 milioni al Fisco vendendo in nero e agli acquirenti di dedurre costi per 150 milioni grazie a documenti falsi predisposti dai sanvitesi.
LE SOCIETÀ

Il meccanismo funzionava grazie ad alcune società ceche e una slovena, create per fatturare, inviare i soldi all'estero e prelevare in contanti senza tracciabilità. Secondo la Finanza, Metal Nordest, Femet ed Ecomet facevano finti acquisti di materiale ferroso con tre società estere - Kovi Trade e Steel Distribution in Repubblica Ceca, Biotekna a Nova Gorica - di cui Cossarini era amministratore. In questo modo ottenevano documenti fiscali e certificazioni ambientali per conferire nelle acciaierie i rottami acquistati in nero dagli imprenditori veneti.
C.A.
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Il Gazzettino