Marco Callegaro, una vita spezzata

Marco Callegaro, una vita spezzata
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COMMEMORAZIONE
ROVIGO Una serata dedicata al ricordo del capitano Marco Callegaro, morto per un apparente suicidio a Kabul, nella notte tra il 24 e il 25 luglio 2010, con un colpo di pistola nel suo ufficio vicino all'aeroporto. Aveva 37 anni, due figlie e una moglie che l'attendevano a Bologna, i genitori a Gavello. Il polesano è stato omaggiato dalla neonata associazione Nuovi Germogli, presieduta dall'avvocato Ezio Conchi.

L'incontro è stato organizzato nella parrocchiale di Sant'Apollinare. Sono intervenuti lo storico Floriano Cosmi, che ha parlato delle missioni di pace; il sindaco di Gavello, Diego Girotto, che ha tracciato un ricordo di Callegaro la cui morte, dopo sette anni e mezzo, è ancora tutta da chiarire; il padre Marino che ha presentato il libro 8.40, sulla vita del figlio. Emblematico il titolo dato alla serata, Rovigo-Kabul: distanza zero. Le missioni di pace.
I DUBBI SULLA MORTE
Nonostante ci sia in atto un'inchiesta per appurare le cause reali che hanno portato alla morte di Callegaro, nessuno ha voluto parlarne. È stato solo tracciato un profilo del giovane capitano, che aveva frequentato l'Accademia di Modena. Tra l'altro gli è stata dedicata un'aula della Ragioneria di Rovigo.
IL LIBRO
Il padre Marino ha spiegato il motivo del titolo dato al libro. «8.40 perché Marco è nato a quell'ora». Nel capitolo dove si parla della sua nascita, è stata messa una foto di una sveglia che segna appunto le 8.40. «Dopo sei mesi, per motivi di lavoro, io, mia moglie e il piccolo Marco ci trasferimmo in provincia Ferrara - racconta nel libro Marino Callegaro - qualche mese dopo mia moglie Rina rimase nuovamente incinta. Decisi di accompagnarla all'ospedale di Rovigo, perché volevo che anche il secondo figlio nascesse lì. Nacque Marilena. E nel frattempo tornammo a vivere a Gavello, in seguito alla morte di mio padre avvenuta in un incidente a Lama Polesine. Prima, però, mi trovai un nuovo lavoro». Quindi spazio al racconto di quando a Gavello arrivarono venti militari, accompagnati da un furgone della Croce rossa. «Entrarono in cinque: un capitano, un tenente donna e altri tre di grado inferiore. Sembrava la scena che avevo percepito la sera prima», scrive papà Marino.
L'ASSOCIAZIONE

Dina Maragno, segretaria di Nuovi Germogli, ha spiegato il senso di questa associazione. «Vuole dare al Polesine un contributo di cultura, più approfondita, con idee e persone nuove. Riportare la tradizione polesana, ma anche creare eventi futuri per dare valore aggiunto, soprattutto ai giovani».
Marco Scarazzatti
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Il Gazzettino